Nel Regno Unito la percentuale degli aborti tra le adolescenti ha superato la soglia del 50%. Più di metà delle gravidanze finiscono per essere volontariamente interrotte. Le cifre parlano di circa 20.000 aborti su 40.000 gravidanze.
Stupisce la macabra euforia degli abortisti che a proposito di questo dato parlano di un importante “positive sign”.
Capofila degli entusiasti è la signora Ann Furedi, chief executive di una delle principali strutture abortiste, la British Pregnancy Advisory Service (BPAS), che proprio a proposito del segnale positivo emerso dai dati, si è dichiarata contenta di verificare che adesso «anche i teenager si sentono finalmente capaci di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza». Candidamente ha aggiunto che, del resto, se i ragazzi «hanno altri piani per la loro adolescenza, diversi dalla maternità, devono potersi sentire in grado di adottare la scelta consapevole dell’aborto».
Per comprendere il clima culturale che aleggia attorno alla BPAS, è sufficiente dare un’occhiata al sito ufficiale della struttura ed in particolare leggere i commenti dei “clienti” soddisfatti. Mi ha colpito, in particolare, la referenza di Jenny che, dopo aver sperticato lodi sull’efficienza e la sensibilità del personale, a proposito dell’eccellente servizio erogatole, ha dichiarato che «il sandwich richiesto era leggermente fuori menu, ma è stato confezionato in maniera perfetta, ed è stato davvero bello riceverlo». Abortire come mangiare un panino.
La signora Furedi non è una donna qualunque. È una delle figure preminenti nel mondo delle lobby che si occupano di educazione sessuale ed è considerata una voce autorevole in materia dallo stesso governo britannico. Alcuni suoi “buoni consigli” sono stati recepiti anche a livello normativo per quanto riguarda la disciplina dell’educazione sessuale per la scuola media e secondaria.
Reagendo alla notizia che nel 2004 ben quindici bambine di dodici anni erano ricorse all’aborto, Ann Furedi non ha trovato niente di meglio da dire se non che «i ragazzi crescono molto in fretta nella nostra società, maturano molto più velocemente dal punto di vista fisico, psicologico e sociale, e pertanto la società non può non tener conto di questo fatto».
Patetico appare invece il tentativo del governo britannico di nascondere il proprio inevitabile fallimento (aveva promesso di ridurre drasticamente il fenomeno delle gravidanze tra adolescenti entro il 2010) aggrappandosi alla difesa ad oltranza della sua politica di diffusione e distribuzione gratuita di preservativi fra i teenager.
Il solito funzionario zelante del Ministero della Salute, rispondendo alle domande sui dati, ha ribadito che l’obbiettivo principale del governo, così come delineato nelle Sexual Health and Teenage Pregnancy Strategies, resta quello di ridurre le gravidanze, e conseguentemente gli aborti, tra adolescenti attraverso «un sempre migliore accesso ai mezzi di contraccezione», la cui distribuzione ai teenager continua ad esser gratuita e oggetto di sempre maggiori finanziamenti da parte dello Stato. Lo scorso febbraio il governo ha dichiarato di voler investire altre 20.500.000 sterline a favore di cliniche abortive, mezzi di contraccezione durevoli e campagne pubblicitarie in favore dei profilattici.
Sulla buona fede dei politici, in questo campo, ci sarebbero, peraltro, buoni motivi per nutrire qualche subbio.
Come ricorda Phyllis Bowman dell’associazione Right to Life, oggi un enorme business gira attorno alla pratica dell’interruzione della gravidanza per le minorenni, e intere associazioni e cliniche private lucrano cinicamente su tali tragedie umane.
Il bello è che di fronte a questa evidenza l’ideologia spesso continua ad avere il sopravvento in quelle voci – residuo di un sessantottismo d’antan – che imputano il triste fenomeno degli aborti nell’età adolescenziale alla solita “società sessuofoba”, e sulla «reticenza ad incoraggiare i giovani a vivere liberamente una piena sessualità». Ricordano quegli antichi cerusici che per curare gravi forme di intossicazione consigliavano l’assunzione di un copiosa quantità di mercurio.
La sbornia di libertà sessuale tra i giovani nel Regno Unito, in realtà, ha portato come drammatica conseguenza il raggiungimento del livello più alto di trasmissione di malattie veneree ed il numero maggiore di rapporti sessuali tra gli adolescenti di tutta Europa. In più, i dati dell’UNICEF indicano i teenager britannici come i ragazzi più infelici del Vecchio Continente. Niente male come risultato.