Il presidente cinese Hu Jintao è arrivato ieri in Italia, in visita di stato. Si tratterrà nel nostro paese per tutta la durata del G8, dove parteciperà a diverse sessioni allargate. Ma l’appuntamento principale è l’incontro con il presidente Usa Barack Obama, a sancire il partenariato strategico tra le due superpotenze. Per l’Italia è la prima visita di un presidente cinese dopo Jiang Zemin, nel 1999. La delegazione di imprenditori che accompagna Hu Jintao fa pensare ad un importante viaggio d’affari. Ma non è per questo che il presidente è in Italia, dice Francesco Sisci, inviato de La Stampa a Pechino.



Hu Jintao è da ieri in Italia. Qual è il posto del nostro paese nell’agenda politica cinese e qual è la vera importanza di questa visita?

Dieci anni fa l’economia cinese era poco più che la metà di quella italiana, oggi è quasi il doppio, l’anno prossimo supererà quella giapponese per diventare la seconda del mondo dopo quella americana. In questi rapporti c’è in nuce tutto il cambiamento strutturale e politico dei rapporti bilaterali. Ieri, con Jiang, avevamo davvero qualcosa da offrire alla Cina, ma quell’occasione è stata sprecata perché in realtà in questo decennio i rapporti politici e economici bilaterali non hanno avuto un’accelerazione ma sono in qualche modo arretrati. In teoria oggi molto più di ieri, 10 anni fa, la Cina è essenziale per l’Italia, mentre l’Italia per la Cina è molto meno importante.



Ma allora qual è la carta che l’Italia può giocare?

In queste condizioni oggettivamente sfavorevoli l’Italia ha una sola carta, e contrariamente a quello che potrebbe sembrare a prima vista non è quella economica ma – dal punto di vista della Cina – quella della cultura. L’Italia è una superpotenza culturale, è la culla della civiltà occidentale e quindi, per la mentalità politica storicistica della Cina, l’Italia più essere un passaggio fondamentale per capire anche le radici culturali dell’America. L’idea di potenza degli Usa è fondata sull’idea imperiale di Roma; se la Cina vuole capire l’America e seguire per molti versi il suo cammino di potenza, deve capire meglio la storia dell’Italia. Inoltre l’Italia, ha il problema di conciliare il passato con il presente, diventare moderna senza distruggere la sua eredità di civiltà. Proprio come la Cina..



È per questo dunque che la Cina guarda all’Italia?

Sì. L’Italia ha risolto il problema dell’incontro tra tradizione e modernità, la Cina lo deve risolvere: intende diventare moderna senza distruggere il suo passato anzi valorizzandolo. Deve fare grattacieli senza abbattere le antiche case cortile dei centri storici. Queste però sono opportunità per l’Italia, non sono obblighi per la Cina. La storia dell’Italia la si può studiare a prescindere dall’Italia, senza venire in Italia. Come l’Italia può trasformare queste occasioni in politica? Questa è una cosa che va studiata.

Il presidente cinese però viene in Italia con trecento operatori economici al seguito a caccia di opportunità. 

Alla Cina i rapporti bilaterali interessano sotto ogni punto di vista: le opportunità non le sfuggono. Ma occorre distinguere la conclusione di accordi commerciali o tecnologici con un partenariato strategico: all’Italia servirebbe quest’ultimo, ma il nostro paese è incline a scambiare i primi per il secondo. Dipenderà dall’Italia fare il secondo passo: trasformare questa occasione in realtà, e non è detto che ciò avvenga.

Chi sono oggi in Italia gli interlocutori “obbligati”, in chiave strategica, di Hu Jintao e del sistema-Cina che egli rappresenta al vertice?

Ma il punto è proprio questo: Hu non ha bisogno di parlare con nessuno in Italia. Questa è la tragedia italiana: l’Italia non è strategica per la Cina. Per la Cina i paesi strategici sono tutti i suoi vicini poi l’America, l’Africa in modo generico per le risorse, il Brasile per lo sviluppo dell’America latina, la Germania per le sue industrie e il suo know-how di modernizzazione. Il resto è superfluo.

Qual è dunque l’appuntamento più importante dell’agenda di Hu Jintao nel nostro paese?

Il vertice con Obama. È un nuovo passo della manovra di avvicinamento tra Cina e Usa: la “Chimerica” è la nuova realtà geopolitica del futuro. Il fatto che il presidente cinese sia venuto in Italia prima di vedere Obama dice questo: noi vogliamo prima capire le ragioni del primato culturale italiano, la sua sintesi tra passato e moderno, e poi parlare con gli Usa. Sta però all’Italia capire come intervenire in questo “matrimonio strategico” che è la Chimerica.

Dopo la visita di stato il presidente cinese si fermerà per il G8. L’occidente deve temere un neoimperialismo cinese, basato sulla posizione di forza con la quale la Cina sta attraversando la crisi globale?

Non credo ci siano prospettive di neoimperialismo cinese, almeno per i prossimi 25 anni. La realtà è che America e Cina si sono messe insieme per decidere tra loro due tutti i problemi globali sostanzialmente senza consultare nessuno. La Cina per chi sa vedere offre all’Italia l’opportunità di giocare un ruolo a lei peculiare in questo G2. Abbiamo sprecato un’occasione dieci anni fa con Jiang Zemin, sprecarla oggi con Hu Jintao può essere fatale.