Il tema è stato quello delle nuove regole della finanza mondiale, elencate ai protagonisti della vita di Wall Street in un luogo solenne e significativo: la storica Federal Hall, proprio di fronte all’ingresso della Borsa di New York. Ma la scelta di Barack Obama di pronunciare un discorso di alto profilo – senza annunciare alcuna novità sostanziale – in occasione dell’anniversario della caduta di Lehman Brothers, nasconde esigenze della Casa Bianca che vanno oltre la tutela dei consumatori e la messa a punto di strumenti per il controllo dei bonus dei banchieri. Federal Hall, il luogo dove George Washington giurò come primo presidente, ha rappresentato per Obama un test di leadership, in un momento estremamente delicato per l’ultimo successore del padre fondatore degli Usa.
La riforma della sanità, il vero test su cui rischia di venir misurata tutta la sua presidenza, vede Obama impantanato in un difficile confronto con il Congresso. Nei giorni scorsi il presidente ha giocato la carta migliore che aveva a disposizione per cercare di vincere la partita: un discorso a camere riunite, durante il “prime time” televisivo. Non è stata una svolta, e per di più Obama ha dovuto subire l’affronto – rarissimo in un evento del genere – di venir accusato di essere “un bugiardo” in diretta Tv da un oscuro deputato repubblicano della South Carolina. Joe Wilson, il contestatore, è diventato una celebrità e, quel che è peggio per la Casa Bianca, il suo gesto si è portato via buona parte della copertura mediatica che gli streteghi di Obama speravano fosse dedicata ai contenuti della riforma.
Inoltre, come ha notato l’influente rivista online The Politico, Obama è sembrato una volta di più avere un problema serio per un presidente americano: quello di non fare paura. La scelta di affrontare i problemi con toni quanto più possibile civili, e di non raccogliere provocazioni, sta creando intorno a Obama una fama di “debolezza”. In buona parte è l’effetto anche del confronto con le tattiche spesso spregiudicate della Casa Bianca di Bush. Ma dopo aver assistito per tutta l’estate ad attacchi feroci al presidente da parte del mondo conservatore, senza reazioni forti, buona parte dell’America comincia a chiedersi se non sia troppo “morbido”.
Senatori e deputati anche del partito di Obama ne approfittano per alzare le barricate di fronte ai progetti sgraditi della Casa Bianca. E adesso la presidenza cerca di passare al contrattacco, per tentare di portare a casa entro l’anno una riforma della sanità, anche ridotta ai minimi termini, pur di non dichiarare una devastante sconfitta.
Il discorso a Federal Hall rientra in questa strategia. Obama ha alzato la voce contro coloro, nel mondo finanziario, «che invece di imparare dalle lezioni di Lehman, hanno scelto di ignorarle». «Stanno mettendo in pericolo la nostra nazione», ha tuonato il presidente, avvertendo che non ammetterà alcun ritorno «al comportamento sconsiderato e agli eccessi incontrollati» del passato recente.
Per Obama si tratta di un attacco facile: prendersela con Wall Street significa raccogliere applausi in Main Street, tra la gente comune che fatica a mantenere il lavoro e a pagare il mutuo e punta l’indice sui banchieri ingordi. Ma per il presidente si tratta di un’opportunità di “fare il duro” e recuperare consensi, credibilità e leadership in un momento di sondaggi in forte calo. I ripetuti accenni, nel discorso alla Federal Hall, alla volontà di agire in modo “fiscalmente responsabile” e le sottolineature sul fatto che la Casa Bianca crede in un mercato libero e non vincolato dalle regole, sono strizzate d’occhio al mondo moderato che Obama non può permettersi di perdere nella corsa a salvare la riforma sanitaria.
Il tentativo del presidente e dei suoi strateghi ha però una falla. I commentatori di area liberal e la grande stampa in questi mesi hanno insistito sul fatto che la crisi di Obama nei sondaggi è legata al gioco sporco dei repubblicani e alla loro offensiva di “bugie”, che avrebbero convinto gli americani che il presidente vuol sostanzialmente instaurare il socialismo negli Usa. Una tesi che dimostra, una volta di più, come nelle redazioni di New York o Los Angeles si capisca poco di ciò che sta a cuore davvero alla gente comune.
Quella che emerge è invece la preoccupazione degli elettori indipendenti, non schierati con uno dei due partiti – ormai stragrande maggioranza nel paese – per una riforma che viene vista come impraticabile in un momento di crisi come quello attuale. I repubblicani, in crisi come sono, non sarebbero mai riusciti a spostare fette di opinione pubblica come quelle rilevate dai sondaggisti.
C’è qualcosa di più profondo che turba l’America. E a Obama occorrerà ben più di una lavata di capo ai cattivi di Wall Street, per poter convincere il paese di avere le risposte a queste preoccupazioni.
(Pietro Sordi)