Fiammetta Cappellini è, in questo momento, ad Haiti, nelle vesti di cooperante Avsi. Di seguito pubblichiamo il suo resoconto. Dove racconta, schematicamente ma con dovizia di particolari, la sua giornata di mercoledì: l’esperienza di dolore vissuta dalla popolazione vista coi suoi occhi, la situazione dei posti da lei visitati e le iniziative di ricostruzione e gestione dell’emergenza che ha messo in piedi assieme ai colleghi sopravissuti.
14 gennaio 2010, Port au Prince, Haiti
Carissimi,
Ecco il riassunto della giornata di ieri, mercoledì 13 gennaio 2010, passata assieme al collega di AVSI Jean Philippe, di stanza a casa mia, perché la sua è crollata.
Ci siamo finalmente resi pienamente operativi. Obiettivo della giornata è stato valutare la situazione e vedere come utilizzare le nostre risorse. Siamo partiti di buonissima ora per sfruttare tutte le ore di luce, visto che non c’è corrente. In giornata abbiamo incontrato altre organizzazioni: Cis, Mrt, Unicef, Oim, Msf ospedale e capo missione, Ocha, e Onu base logistica.
Abbiamo cominciato da Citè Soleil, la bidonville nella quale lavoriamo con tante attività: educazione, alfabetizzazione, diritti umani, formazione. Qui abbiamo trovato una situazione disastrosa. Gli edifici di maggiori dimensioni sono crollati. Segnalo solo, per citarne qualcuno: la parrocchia, la scuola nazionale, la scuola cattolica Foyer Culturel, storicamente teatro di molte nostre iniziative. Tutto distrutto.
Il commissariato e il comune invece si sono salvati. Il nostro centro di appoggi o psicosociale è in piedi, ma danneggiato. Non è funzionale in questo momento, ma con pochi lavori potrebbe tornare a esserlo. Il numero di vittime a Citè Soleil è molto elevato, pur non essendo una delle comunità più toccate.
Dopo 12 ore dal sisma, l’unico ospedale – che serve una popolazione di almeno 20 0 mila persone – non funzionava. Dentro, una sola infermiera, abbandonata a se s tessa, senza alcun materiale, senza un medico, con l’aria stralunata di chi cerca di cavarsela in qualche modo in un vero inferno. Nel cortile dell’ospedale, feriti gravissimi e moltissimi cadaveri, buttati sull’asfalto, in pieno sole. Vedeste quanti bambini, a volte senza un arto o con ferite così terribili da essere non identificabili al volto. Una cosa terribile. L’unica parola che l’infermiera ci ha detto, in quella stanza di morte, è stata: «un dottore, vi prego… ». Le abbiamo promesso che lo avremmo trovato.
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A Citè Soleil non siamo stati in grado di trovare che circa il 30 per cento del nostro personale locale. Di un altro 20 per cento riusciamo ad avere notizie. Degli altri non si sa nulla. Moltissimi, quasi tutti, hanno vittime in famiglia o hanno perso la casa. Comunque il personale è disponibile, soprattutto i ragazzi. Sono bravissimi. In mezz’ora abbiamo potuto disporre di un’équipe di 18 persone.
Una prima valutazione: a Citè Soleil c’è ancora una situazione di emergenza. Credo sia necessario fare attenzione alla creazione di dinamiche di dipendenza dagli aiuti e a quelle legate alla crisi sociale/popolare per aiuti sensibili come il cibo. La situazione, già ieri, era molto tesa.
Ieri abbiamo lavorato sulla logistica per assicurare a Msf di poter funzionare.
Abbiamo aperto la strada tra le macerie, altrimenti gli aiuti non sarebbero mai arrivati. Abbiamo messo in piedi l’équipe, creato un minimo di spirito di squadr a e riconfortato gli animi dei nostri. Operativamente, abbiamo cercato di rendere possibile l’ingresso di Msf a Citè Soleil. Ora, hanno una squadra operativa e noi diamo un po’ di appoggio. Li supporteremo ancora uno o due giorni, per l’arrivo del cargo, per spostare la merce, poi, proseguiranno da soli. Abbiamo un briefing domani con loro per la questione cadaveri. Se si identifica un sito, ci s iamo offerti con le squadre per scavare, per seppellirli. Mi sono anche offerta di negoziare il sito con i capi banda, visto che la zona, come sapete, è tutta controllata da feroci bande armate.
Fatte queste due cose (assicurato l’ospedale e risolta questione cadaveri) possiamo attivarci per iniziative più di ricostruzione. Ecco quelle che ritengo prioritarie: aprire il centro come ufficio di appoggio; requisire i locali della vicina scuola OPJED (possiamo farlo, sono nostri partner) per fare accoglienza a famiglie senza tetto o per orfani; iniziare l’identificazione delle vittime legate al nostro sostegno a distanza (Al momento però nessuno dei tre partner sembra reperibile, nemmeno la coordinatrice Sherline); appena possibile distribuire kits da cucina per il cibo, pentole, taniche, vestiti, teli da usare tipo tende, mat erassini da campo, coperte leggere (pensavamo di usare le salviette Ikea che ci ha dato UNICEF). Chissà…
Ci siamo poi spostati a Martissant, altra zona “feroce” di bidonville nella quale lavoriamo. Siamo andati dapprima all’ospedale Msf: un girone infernale. Due medici e dieci persone per centinaia e centinaia di vittime. Da non sapere dove mettere i piedi. Abbiamo visitato i nostri uffici, quelli delle basi locali dell’Unione Europea, Fed e centro appoggio UE3: non ci sono danni gravi, quasi nulla, i locali sono agibili e pronti all’uso.
Abbiamo lasciato messaggi scritti alle equipe, appuntamenti per i prossimi giorn i, indicazioni, ma nessun risultato. L’unica équipe in azione è il Fed. Hanno fatto il censimento per lo stato delle nostre scuole. A ieri pomeriggio su 8, due sono totalmente perse, 2 gravemente danneggiate.
Di tutta la nostra équipe qui a Martissant (15 persone + 15 mediatori) solo 5 assistenti sociali e un coordinatore sono reperibili e in grado di lavorar e. Da notare, comunque, che quasi tutti hanno riportato ferite lievi e hanno famiglie in mezzo alla strada. Ma hanno assicurato disponibilità a lavorare a tempo pieno.
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A Martissant, la situazione è da ecatombe, specie in alcuni quartieri come Grand e Ravine, Descaiettes e TiBwa. Per la cronaca, la nostre casette Ocha hanno resistito. Molti feriti gravi non riescono a raggiungere gli ospedali. Molti bambini hanno bisogno di interventi urgenti di aiuto. L’ufficio Fed è diventato un naturale punto di appoggio, la gente che ha perso la casa si è radunata lì davanti.
E da questi che vorremmo cominciare. Pensavamo di aprire l’ufficio e adibire le sale ai bambini secondo fasce di età. Possiamo prenderne in carico fino a 250 contemporaneamente. Un’inezia, ma meglio di niente. Vorremmo istituire un servizio di accoglienza per bambini, in modo da dare ai genitori la possibilità di andarsi a cercare le proprie cose, o quel che ne resta, in casa. Cominceremmo anche a fare il punto su case distrutte, case da risistemare, orfani e bambini non acco mpagnati. Le priorità, appena possibile, sono le medesime di Citè Soleil.
Per Les Cayes, la zona a sud ovest dove sta il nostro Tito Ippolito, per il momento non ha avuto problemi, stiamo ospitando in casa e giardino altre organizzazioni.
Ecco la situazione di casa mia:
Carburante e generatore sono funzionanti, ho un autonomia di almeno 8-9 giorni a ritmo pieno, se razioniamo la corrente anche 2 settimane.
Cibo secco scorta per 4 giorni. Cibo fresco finito.
Acqua potabile: 1 giorno di autonomia. Ma possiamo trattare l’acqua della cisterna. In tal caso: massimo 10 giorni.
Gas cucina per una settimana
Benzina auto per tre giorni al massimo
No acqua corrente, ma acqua per lavarsi disponibile.
Urgenza: la comunicazione. Fateci arrivare quei benedetti satellitari.
Ciao, Fiammetta