Fiammetta Cappellini, cooperante Avsi ad Haiti, racconta i primi passi con cui le persone provano a costruire, ricominciando da quello che è rimasto. L’emergenza è totale, si divide quel che si ha: un materassino in più è il massimo del riguardo possibile per le donne incinta, poi toccherà a chi ha i figli piccoli… I primi aiuti iniziano ad arrivare, pian piano la vita ricomincia.
21 gennaio 2010, Port au Prince, Haiti
Che giornate concitate, di grande lavoro, di stress e tristi notizie. Come sapete, dopo lo choc iniziale di questa tragedia, che ancora ci sembra enorme e inimmaginabile, stiamo cercando di recuperare i nostri punti fermi, dal punto di vista personale e dal punto di vista dell’organizzazione della missione di cooperazione qui ad Haiti.
Abbiamo contattato tutto il personale locale, i collaboratori e i conoscenti che siamo riusciti a trovare. Ma nonostante i nostri sforzi ancora in tanti mancano all’appello. Troppi.
Voglio fermamente credere che sia solo un problema di comunicazione, anche se confesso che certi giorni ho paura. Paura che anche loro siano stati inghiottiti da questo buco nero che in un minuto e mezzo ha spazzato via tutto, le certezze e la vita di tante persone.
Ci stiamo organizzando, siamo operativi. Il campo sfollati di Cite Soleil prende forma con gli ormai famosi “tendoni blu”. Un quarto del campo (circa 500 persone) ha quindi un tetto sulla testa, le famiglie hanno ritrovato un minimo di intimità, almeno uno spazio circoscritto e identificabile. È importante per loro sapere che quel piccolo spazio è loro, anche se non hanno piu niente. Li aiuta a ritrovare la loro identita, il loro essere famiglia, dove possibile. Sul resto del campo, stiamo lavorando.
Le donne al termine della gravidanza sono state identificate e a loro riserviamo – com’è ovvio – un trattamento speciale: hanno un materassino! Le richieste non si contano… In lista d’attesa ci sono le mamme che hanno un bambino inferiore ai sei mesi. Abbiamo pensato per loro di montare una grande tenda speciale, dove si possano trovare con un po di tranquillità ad allattare, e dove la nostra infermiera Claudinette possa spiegare loro l’importanza dell’allattamento al seno, visto che non c’e’ acqua potabile.
È importantissimo proteggere questi bambini, che gia vivono in condizioni tanto precarie. Abbiamo veramente paura che si ammalino e che la situazione si deteriori rapidamente. Speriamo di riuscirci. Abbiamo avuto già due parti in una settimana e la condizioni sono difficilissime, l’igiene è quasi impossibile. Insomma, non è il posto ideale per questi piccoli.
Il collega Jean Philippe sta facendo un grande lavoro, a volte mi stupisco di come e dove trovi l’energia e la lucidità per trovare soluzioni ai mille problemi di questa terribile situazione. È in pista dalla mattina alla sera, instancabile. Sempre di buon umore e con una parola di incoraggiamento per tutti.
È bello vedere quanta speranza riesce a suscitare, anche in un posto e in una situazione in cui la speranza a volte non sembra proprio esserci. Grazie soprattutto a lui, l’equipe piano piano si organizza, comincia a credere di nuovo nel proprio lavoro, nella presenza qui, tra questa gente.
Speriamo di riuscire a tenere alto il morale, non è facile viste le condizioni di lavoro e la frustrazione nel vedere tante necessità e il poco che riusciamo a fare.
Stiamo cominciando a ricevere i famosi aiuti della solidarieta internazionale, che in gran parte sono rimasti bloccati nei giorni scorsi all’aeroporto di Port au Prince. Le agenzie delle Nazioni Unite si stanno organizzando e piano piano smistano quanto disponibile. Riceviamo anche noi e quindi la gente di Cite Soleil e Martissant, i quartieri dove siamo presenti.
Piano piano la vita si riorganizza. Sono soprattutto i bambini che reagiscono pirma e meglio: hanno già voglia di giocare, chiedono della scuola, delle attività ricreative…
Fiammetta