Il suicidio di un diciottenne, Tyler Clementi, ha sconvolto l’America: era stato ripreso da un compagno di università mentre nella sua stanza baciava un altro ragazzo. La diffusione del filmato trasmesso in streaming online e annunciato via Twitter ha sconvolto Tyler, che si è ucciso dopo aver annunciato le intenzioni suicide su Facebook.
Tyler Clementi, matricola alla Rutgers University del New Jersey, era un biondino con gli occhiali, colto e sensibile, promettente violinista all’orchestra sinfonica dell’università. Il 19 settembre il ragazzo era nella sua camera, e non si è accorto che i suoi coetanei, Dharun Ravi, un coetaneo di origini indiane compagno di stanza di Tyler, e Molli Wei, una giovane asiatica, lo stavano riprendendo mentre baciava un altro ragazzo.
Poi lo scherzo crudele è proseguito on-line. Il video è stato caricato su Ichat, un programma di chat della Apple, e l’identità sessuale di Tyler è diventata di dominio pubblico. Costretto a una sorta di «outing» contro la propria volontà, Tyler non ha resistito. Così, dopo poco tempo la vergogna lo ha sopraffatto. E ha messo fine alla sua giovane vita gettandosi dal George Washington Bridge, nelle acque del fiume Hudson. Tutto è iniziato con un «cinguettio» su Twitter del 19 settembre da parte di Dharun Ravi, il compagno di stanza di Tyler: «Il mio collega mi ha chiesto la camera libera sino a mezzanotte. Ho preso la webcam nella stanza di Molli e l’ho visto mentre baciava un altro ragazzo».
L’ULTIMO POST SU FACEBOOK – Gli inquirenti hanno poi scoperto che quell’annuncio era stato preceduto dalla trasmissione in streaming di quello che doveva rimanere un momento privato. Gli inquirenti hanno verificato che Tyler era molto schivo. Dopo la sua morte gli agenti hanno raccolto i suoi compagni di corso e quando hanno chiesto chi lo conoscesse bene, si sono alzate le mani di sole tre persone sulle 50 presenti in sala. Nonostante il web lo abbia spinto alla disperazione e alla vergogna, Tyler Clementi ha voluto lasciare il suo ultimo messaggio sulla sua pagina di Facebook. Nel suo ultimo post delle 20.42 del 22 settembre, Tyler ha annunciato la sua decisione nello stile laconico del social network: «Salto dal ponte George Washington, scusatemi». Poi il ritrovamento del suo portafoglio ha confermato che alle parole ha fatto seguire i fatti.
Ora i due ragazzi rischiano cinque anni di prigione. Per una beffa della sorte, pochi giorni prima che si consumasse la tragedia, l’università di Tyler aveva avviato «Progetto Civiltà», un programma per sensibilizzare i ragazzi sull’importanza del rispetto reciproco nei rapporti quotidiani. Il New York Times ha dedicato alla vicenda un articolo in prima pagina, intitolato «Momenti privati resi pubblici, poi un salto fatale». «E’ disgustoso che chiunque nella nostra società, come lo studente responsabile di avere realizzato il video di nascosto, possa considerare il fatto di distruggere la vita degli altri alla stregua di uno sport», denuncia il quotidiano Usa.
«VERSO LA TRACCIABILITA’ DEI PENSIERI» – Mentre per lo psichiatra Alessandro Meluzzi «con i social network tutto ciò che è privato diventa clamorosamente pubblico. Qualsiasi persona può diventare un’emittente planetaria e questo può avere due volti: il primo è quello di rendere la vita difficile a dittature come l’Iran; il secondo è che chiunque, anche delle persone prive di una qualsiasi etica professionale o umana, può distruggere la vita degli altri. Negli anni passati giornali e tv hanno spesso e volentieri “sbattuto il mostro in prima pagina”. Oggi invece lo può fare chiunque». E il risultato è che «la privacy è sempre più proclamata e meno praticata. Dobbiamo abituarci a un mondo in cui anche i nostri pensieri saranno tracciabili».
Come aggiunge Meluzzi, «andiamo verso una società in cui tutto sarà sotto gli occhi di tutti, verso la trasparenza totale. E questo provocherà molte sofferenze e dolore». E precisa lo psichiatra: «Certo la società di oggi è più libera di quella di un tempo, anche se ognuno ha un rapporto diverso con le convenzioni sociali. Questo però non autorizza nessuno a infliggere delle sofferenze agli altri, neanche a questo ragazzo che evidentemente aveva un rapporto più difficile con la sua omosessualità di quanto non credesse».
(Pietro Vernizzi)