Oggi si parla di Haiti al summit mondiale della Fao a Roma. A nove mesi dal terremoto il comitato per la sicurezza alimentare (CSA) fa il punto della situazione con la delegazione caraibica. Partecipano il ministro dell’agricoltura haitiano e l’ambasciatrice Benoit. Con loro anche Joseph Gaspard Brice, agronomo, e Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione AVSI.
AVSI opera ad Haiti dal 1999, quando avviò un progetto quinquennale per la formazione superiore agraria nella zona rurale di Les Cayes, nel Département du Sud, portando alla creazione di un’azienda agricola sperimentale, in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università Statale di Milano.
“E’ stata un’esperienza fondamentale – ricorda l’agronomo haitiano Brice che da sempre lavora con AVSI – perché ha contribuito alla formazione di personale tecnico agricolo qualificato”. Da perla dei Caraibi, Haiti è diventata il Paese più fragile del continente americano e il terremoto dello scorso 12 gennaio ha ulteriormente messo in ginocchio la popolazione.
Circa 50.000 persone a seguito del sisma rimaste senza casa a Port-au-Prince si stima che abbiano raggiunto il sud dell’isola, tornando presso le loro famiglie d’origine. Sostenere la ricostruzione in città e favorire una politica di decongestionamento dell’emergenza, in linea con le azioni del governo, promuovendo lavoro e sviluppo, appare la strategia fondamentale per Haiti. E l’agricoltura al sud riveste un ruolo strategico per Haiti.
Le vaste pianure alluvionali e il fitto sistema idrografico permettono colture dodici mesi all’anno e potenzialmente tre raccolti nei 12 mesi. “Purtroppo però la mancanza di conoscenze e di tecniche adeguate, di inputs agricoli, come sementi, fertilizzanti, e l’assenza di infrastrutture e servizi per la filiera, l’irrigazione o i centri di trasformazione – ammette Brice – fanno sì che esista solo un’economia di sussistenza”. Inoltre, a causa della deforestazione, oggi meno del 3% del territorio haitiano è ricoperta da alberi causando una progressiva erosione della zona montagnosa.
“Le popolazioni del sud di Haiti hanno progressivamente deforestato le meravigliose colline su cui vivevano – afferma Alberto Piatti – per fare delle piante “carbone domestico”, perché venderlo in città rendeva più che coltivare i campi. I saperi e le pratiche agricole si sono perduti. La separazione tra il credere e il conoscere che caratterizza purtroppo la nostra cultura, ha smantellato certezze e tradizioni”.
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Nella Caritas in Veritate Benedetto XVI parla di “governo responsabile sulla natura per custodirla, metterla a profitto e coltivarla anche in forme nuove e con tecnologie avanzate in modo che essa possa degnamente accogliere e nutrire la popolazione che la abita”, confermando così la necessità dell’alleanza tra uomo e natura.
Su questa provocazione, nell’ultimo biennio sono emersi risultati significativi dai diversi interventi di sviluppo rurale realizzati da AVSI. Osservando alcuni dati emerge chiaramente una germogliazione di esperienze che sta dando i suoi frutti alla comunità.
“Abbiamo pulito, ristrutturato e costruito circa 4,6 km di canali per l’irrigazione – Spiega Brice -. 1.200 contadini e 7.200 persone sono state sostenute con attività per il miglioramento delle condizioni di sicurezza alimentare e formazione sull’agricoltura, la pesca e l’allevamento. Sono stati rafforzati cinque centri nutrizionali che si prendono cura di 500 bambini malnutriti e svolgono un’importante attività di educazione nutrizionale con le loro mamme”.
Nel rispetto del principio di sussidiarietà, è fondamentale mettere in campo azioni e progetti che non vogliono sostituirsi alla famiglia. Per quanto possano apparire precari è necessario restituire alla mamma e al papà la responsabilità sul bambino. Una madre quando recupera la capacità di prendersi cura del figlio, oltre a garantire il raggiungimento del risultato atteso sulla cura del bambino, recupera anche la fiducia in se stessa e nella vita. Stesso meccanismo che mette in moto il padre, se con il suo lavoro riesce ad accudire alla sua famiglia.
L’esposizione all’insicurezza alimentare della popolazione di Haiti è estremamente grave. E una delle cause è l’abbandono massiccio delle campagne. Progettare programmi che aiutano le famiglie contadine ad avere più cibo, valorizzando la loro industrialità appare un compito al quale governi e organizzazioni sono chiamati a collaborare.
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“Parallelamente ai programmi agricoli e di sicurezza alimentare – spiega Alberto Piatti – al sud di Haiti siamo impegnati anche nella riforestazione “sociale” con la produzione di circa 650.000 nuove piante, coinvolgendo 2.700 contadini. Inoltre, portiamo avanti attività di educazione ambientale in 111 scuole con 300 insegnanti, 6.000 studenti”.
Intanto sono stati costruiti 18 km di strutture lineari di difesa antierosiva, come muri a secco, siepi e canali che aiutano a combattere la forte erosione e riabilitato due acquedotti di 22 km per il consumo umano a beneficio di circa 20.000 persone. Una delle più importanti “lezioni apprese – come racconta Petit Homme Renald, 10 anni, alunno del liceo Francois Dominique di Ferme Le Blanc – è che ho imparato a piantare gli alberi e a come seguirli durante la crescita”. L’agronoma Edna Lamercie, 28 anni di Les Cayes, non ha dubbi: “il fenomeno di erosione e di impoverimento dei nostri suoli espongono sempre più la popolazione a condizioni di rischio e di indigenza”.
Questi interventi, anche se a volte per i paesi occidentali possono sembrare molto semplici, hanno un impatto estremamente positivo, permettendo a nuclei famigliari vulnerabili, che spesso non dispongono di grosse superfici di terra da coltivare, di specializzarsi in colture intensive ad alto valore economico (come pomodori, peperoni, melanzane…), e di integrare la dieta con proteine nobili derivati dall’allevamento di conigli e galline ovaiole.
“Per promuovere l’iniziativa imprenditoriale, – spiega Brice – si stanno realizzando formazioni sulla trasformazione dei prodotti agricoli con lo scopo di aumentare il valore di alcune produzioni che durante l’anno presentano dei picchi che subiscono una diminuzione del prezzo di vendita a causa dell’abbondanza dell’offerta”. Mentre a Port-au-Prince AVSI è impegnata nella ricostruzione con ambulatori, centri educativi e orti urbani, nel contesto rurale del sud sembra stia sbocciando un nuovo modello di sviluppo, che valorizza l’uomo e l’ambiente.
PER INFO: http://www.avsi.org/Dinamico/main/PubblicazioniDettaglio.asp?ID=244