L’elezione di Lutfur Rahman alla carica di nuovo sindaco esecutivo del borgo di Tower Hamlets nella East London sta sollevando in Inghilterra grande clamore.
La stampa britannica, e mi riferisco particolarmente alla testata Telegraph, ha condotto per mesi un’inchiesta sui legami di Rahman con l’Islamic Forum of Europe, FIE, che ha finanziato la sua attività politica e ha facilitato a suon di sterline la sua ascesa. Per chi non lo sapesse il Forum crede nella jihad, porta avanti un pensiero estremista lontano perfino da quello di alcuni Paesi arabo-musulmani, e ha tra i suoi obiettivi la sovversione delle strutture democratiche inglesi ed europee al fine di islamizzare tutto il vecchio continente, secondo quanto dichiarato dai suoi stessi rappresentanti.
C’è di che essere ben preoccupati: perché quello che abbiamo appreso è ciò che abbiamo denunciato e andiamo denunciando in anni di battaglie contro il dilagare di un certo pensiero di matrice radicale contro cui l’Europa dimostra una fiacchezza pericolosa. Una fiacchezza che rischia di farla accartocciare e implodere. Il caso inglese rappresenta dunque una proiezione esemplare di ciò che potrebbe diventare il vecchio continente tra qualche anno e di quale rischio essa stia, consapevolmente o inconsapevolmente, correndo.
A disposizione di Rahman, ci sarebbe un fondo di un miliardo di sterline – denaro dei contribuenti, dunque – in un quartiere che si può definire in mano alla propaganda estremista e ai diktat di personaggi collusi con ambienti legati a un certo radicalismo. Il FIE infatti avrebbe organizzato incontri con attivisti talebani cui avrebbero partecipato personaggi già sotto controllo da parte del governo statunitense perché implicati nell’attacco al World Trade Center del 1993 e in quello dell’11 settembre 2001.
Non solo! Secondo il Telegraph “dopo essersi assicurato la leadership con l’aiuto del FIE, Rahman ha indirizzato milioni di pounds alle organizzazioni che ricadono sotto la sua egida e un uomo che ha legami molto stretti con il FIE è stato nominato assistente capo esecutivo del Consiglio di Tower Hamlets, nonostante non possedesse le qualifiche atte a ricoprire quel ruolo. Inoltre, è stato fatto in modo che le biblioteche del borgo acquisissero una certa letteratura di stampo estremista”. Ci viene inoltre raccontato che in occasione della festa organizzata per celebrare la sua elezione fossero presenti diversi personaggi appartenenti a branche dell’estremismo.
Logica vuole a questo punto che ci si debba domandare in che modo il Forum for Islamic Europe presenterà il conto del supporto elettorale a Rahman: quale sarà il prezzo da pagare? Quale sarà la moneta di scambio? D’altronde è stato lo stesso Rahman a rifutarsi di negare che il Labour Party fosse stato infiltrato, che un certo numero di consiglieri abbiano rapporti molto stretti con il FIE e che un membro di tale organizzazione lo avesse aiutato ad acquisire la leadership del Consiglio di Tower Hamlets.
Di certo vi è il fatto che sia ormai acclarata la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni di un certo estremismo e la sua volontà di mettere in ginocchio l’Europa attraverso le sue stesse strutture democratiche. I musulmani moderati di Londra hanno cercato di denunciare la strategia del FIE e il suo crescente oltranzismo, ma, come al solito, si trovano a combattere spesso soli e poco supportati. Non mi sembra esagerato affermare che sia chiaramente in atto un attacco sovversivo ai danni non solo della Gran Bretagna ma di tutta l’Europa, compresa l’Italia.
L’esempio inglese d’altronde ci mostra palesemente la tattica legata a una tale strategia di infiltramento: nel Regno Unito sono state lentamente istituite le corti sharitiche, ad oggi circa 90 in tutto il Paese, legittimando di fatto un binario giurisprudenziale parallelo alla tradizione del diritto positivo europeo; sono state poi introdotte le banche islamiche per giungere infine alla presentazione di liste e/o candidati che, come Rahman, hanno dimostrato nella sostanza di farsi fiancheggiare da e di appoggiare a loro volta un pensiero che fa perno sui principi dell’intransigenza e dell’estremismo.
Si può ben comprendere allora come in Inghilterra si stia costituendo, nelle sue varie componenti giurisprudenziali, finanziarie, economiche, sociali e civili, un modello estraneo a quello che fino ad oggi è stato quello del Regno Unito.
Di tutto questo processo la politica e i partiti inglesi devono assumersi la responsabilità: in particolare il Labour Party ha candidato Rahman, il quale attraverso il partito, ha potuto presentarsi alla competizione, salvo poi scoprire gravissime irregolarità nella raccolta di preferenze, essendo stato votato anche da persone che non avrebbero avuto diritto a farlo.
Nonostante il partito sia corso ai ripari espellendo otto consiglieri e due suoi impiegati per collusione con ambienti dell’estremismo, le responsabilità restano perché si è reso complice, consapevolmente o meno, di candidare personaggi apertamente ostili ai principi democratici europei. In una monarchia costituzionale che ha adottato un sistema giurisprudenziale improntato al common law, l’assenza di una carta Costituzionale rigida sembra aver penalizzato l’Inghilterra.
All’indomani delle dichiarazioni di Angela Merkel, sul fallimento di un certo modello multiculturalista mi ero trovata completamente in accordo con le opinioni espresse dalla cancelliera tedesca: oggi voglio ribadirlo una volta di più. In Europa, non solo in Germania, l’indifferenza si è trasfigurata in tolleranza per manifestando un’incapacità di fondo nel mettere a punto problemi e soluzioni che non fossero legate a un atteggiamento lassista: così, anziché mettere a punto un modello di reale integrazione, gli stranieri sono stati abbandonati ai ghetti delle proprie comunità di origine. E chi ha pagato il conto più salato sono state le donne.
Qualche tempo fa in Italia si è posto il problema della lista civica denominata “Milano Nuova”, presentata alla prima ora come lista islamica e poi come lista laica aperta non solo agli stranieri, ma a tutti i milanesi. Così il lupo si è travestito da agnello, cercando di utilizzare un profilo basso per raggiungere l’obiettivo di eleggere i propri candidati. Nel frattempo le organizzazioni dei musulmani moderati, vengono sempre più stigmatizzate, infangate, minacciate, intimidite per impedire che esprimano la propria opinione, il loro dissenso e la loro opposizione all’affermazione di una visione oscurantista dell’Islam.
Quello che dobbiamo chiederci è: se nessuno sostiene i coraggiosi moderati, che ritengono doverosa e non rimandabile una profonda riforma in seno alle società islamiche, dove già qualche passo si sta muovendo; se nessuno supporta le organizzazioni musulmane moderate in Europa; se nessuno, nella magistratura, interviene contro la pioggia di querele che investe da qualche anno a questa parte chiunque osi sfidare il predominio culturale di un certo estremismo, giornalisti compresi, chi potrà ritenersi al sicuro contro organizzazioni insidiose che hanno a disposizione ingentissimi finanziamenti per portare avanti il proprio progetto politico di invasione culturale e sostanziale?