«Il parlamento pakistano non cambierà mai la legge sulla blasfemia in base a cui Asia Bibi è stata condannata a morte. La maggioranza dei pakistani è a favore di questa norma. E i politici che vanno controcorrente perdono una valanga di voti, mentre i giudici che assolvono i cristiani sono uccisi a colpi di arma da fuoco». Ad rivelarlo nel corso di un’intervista a «Ilsussidiario.net» è Nazir Bhatti, fondatore del Pakistan Christian Congress e direttore del Pakistan Christian Post, l’unica voce libera dei cristiani pakistani. Nel 1997, dopo avere guidato una manifestazione contro una strage di cristiani, Nazir Bhatti è stato accusato dal governo pakistano di alto tradimento, omicidio e blasfemia. Da allora vive in esilio negli Usa, dove ha promosso una petizione per chiedere all’Onu di intervenire in favore di Asia Bibi.



Nazir Bhatti, quali sono le condizioni di Asia Bibi in carcere?

Asia Bibi è trattenuta in una speciale cella di sicurezza ed è sottoposta a limitazioni alla possibilità di ricevere visite. Durante le sue apparizioni in tribunale ha incontrato alcune persone, con le quali si è lamentata per il fatto che nella sua cella si sente molto sola e impaurita. Le è stato concesso di incontrare le figlie per dieci minuti soltanto nel tribunale, in occasione delle udienze del processo. Le guardie carcerarie la minacciano continuamente dicendole: «Sarai impiccata per avere insultato il profeta Maometto». La sua situazione è simile a quella di Robert Danish, un accusato di blasfemia che è stato ucciso nella cella di sicurezza del carcere di Sialkot nel 2009. Siamo infatti venuti a sapere che Asia Bibi in prigione non è al sicuro.




Come si è svolto il processo contro Asia Bibi?

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Il giudice di Sheikhupura, che ha firmato la sua condanna a morte con l’accusa di blasfemia, è stato messo sotto pressione dai gruppi estremisti islamici e ha quindi ignorato la realtà dei fatti.

 

 

Di quali pressioni sta parlando?

 

 

Il 10 ottobre 1997 il giudice Iqbal Bhatti dell’Alta Corte di Lahore è stato ucciso da un proiettile per il fatto di avere rilasciato Salamat Masih, un cristiano accusato di blasfemia.

 

 



E quindi come si regola la maggior parte dei giudici?

 

 

I giudici della bassa corte e della corte d’udienza di solito condannano sulla base dei documenti d’accusa presentati dalla procura e non prestano molta attenzione alle argomentazioni degli avvocati difensori. Le denunce per blasfemia in Pakistan sono nella maggior parte dei casi presentate da religiosi musulmani, affiliati a partiti politici islamici e a gruppi di militanti musulmani. Asia Bibi quindi è stata assistita da un avvocato, che però non ha potuto giocare un grande ruolo nel corso del processo.

 

I media pakistani stanno parlando del suo caso?

 

Finora hanno sempre ignorato i problemi dei cristiani, e anche il caso di Asia Bibi non è stato seguito in modo adeguato.

 

Quali sono gli ostacoli che impediscono di abrogare la legge sulla blasfemia?

 

Il fatto che la maggioranza dei musulmani in Pakistan sono a favorevoli a questa norma. I musulmani moderati quindi, per timore degli estremisti islamici, non si esprimono apertamente a favore dell’abolizione della legge. La situazione è la stessa anche in Parlamento. I principali partiti politici come il Pakistan Peoples Party (PPP), la Lega Pakistana Musulmana «Nawaz Group» (PMLN), la Lega Musulmana Pakistana Quaid (PMLQ), il Movimento Muthida Quoimi (MQM) e il Partito Nazionale Awami (ANP) riconoscono nei colloqui privati che la legge sulla blasfemia è contraria ai diritti fondamentali garantiti alle minoranze religiose dalla costituzione della Repubblica Islamica. Ma appena si trovano non dico all’aperto, ma al piano terreno delle loro case, hanno paura a parlare di questo argomento perché non vogliono perdere l’eccezionale cumulo di voti dei religiosi.

 

Il suo partito come si sta muovendo?

 

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Nel 1998 abbiamo presentato una petizione scritta all’Alta Corte di Lahore con la richiesta di abrogare la legge sulla blasfemia, respinta però dall’ufficio giudiziario presieduto dal giudice capo dell’Alta Corte di Lahore. Comprendiamo che la maggioranza parlamentare musulmana non abrogherà mai la legge sulla blasfemia, né approverà norme per porre fine alle sue scorrette applicazioni. Ma confidiamo nel fatto che la Corte Suprema del Pakistan può formulare delle sentenze per fermare la persecuzione dei cristiani sotto questa legge.

 

Shahbaz Bhatti, il ministro cristiano per le Minoranze religiose, ha però promesso che la cambierà…

 

Shahbaz Bhatti non è un membro eletto del Parlamento, ma è stato scelto dal Pakistan Peoples Party (PPP) tra i seggi riservati alle minoranze nell’Assemblea nazionale pakistana. E’ dall’anno scorso che il ministro sta promettendo una revisione della legge sulla blasfemia, ma non ha mai mantenuto la parola data. Essendo stato scelto e imposto come ministro federale per le Minoranze dal PPP, parla a nome dei capi del suo partito e il PPP non presenterà mai nessuna proposta di legge per emendare o abrogare la legge sulla blasfemia.

 

Più in generale, com’è la situazione dei cristiani in Pakistan?

 

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Temiamo degli attentati come a Bagdad, perché li abbiamo già subiti in passato. Come quando i militanti hanno sparato uccidendo 16 fedeli cristiani nella chiesa di Bahawalpur nel 2001. Mentre nel 2009 gli estremisti musulmani hanno bruciati vivi sette bambini, donne e anziani cristiani. Ci sono episodi come conversioni forzate di donne cristiane, violenze sessuali di gruppo di ragazze cristiane, uccisioni di sacerdoti o di fedeli. Temiamo quindi che casi come il sequestro di ostaggi che abbiamo visto nella chiesa di Bagdad si verifichino anche in Pakistan.

 

Quali altre discriminazioni subite?

 

I giovani cristiani non trovano lavoro e non possono essere ammessi agli istituti professionali. Siamo il 13% della popolazione, ma questo dato non è rispecchiato a livello di rappresentanza nelle istituzioni democratiche o in qualsiasi altro campo delle vita sociale. In Pakistan non esistono né giustizia sociale né uguali diritti èer tutti.

 

Anche la libertà di associazione è negata?

 

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Nessuna associazione cristiana in Pakistan è libera di organizzarsi, almeno dal punto di vista dell’uguaglianza dei diritti democratici per tutti. L’All Pakistan Minorities Alliance (APMA) del ministro Shahbaz Bhatti sopravvive in Pakistan perché segue le linee guida dell’establishment al potere. Shahbaz Bhatti non è mai stato condannato per blasfemia in Pakistan, ma le agenzie governative hanno fatto credere che abbia ricevuto delle accuse di questo tipo per promuovere la sua immagine tra i cristiani. Eppure vive ancora in Pakistan e non esiste nessun rapporto contro di lui in nessuna delle stazioni di polizia dell’intero Paese.

 

Lei invece si trova in esilio negli Usa…

 

Nel 1997, il governo del Pakistan ha presentato contro di me delle accuse di tradimento, omicidio, blasfemia e altri reati, per un totale di 21 diversi capi d’imputazione, in quattro commissariati di polizia di Karachi. E questo, guarda caso, proprio mentre stavo guidando una manifestazione di protesta contro gli attacchi della folla musulmana nel villaggio di Shanti Nagar.

 

In sintesi, che cosa chiedono i cristiani del Pakistan?

 

Uguali diritti democratici fondamentali per tutti, in modo da non essere più trattati come cittadini di serie B.

 

(Pietro Vernizzi)