«La mia conversione non nasce da una crisi della Chiesa anglicana, che resta una realtà molto viva anche se sta cambiando rapidamente, ma da una lunga storia di riavvicinamento tra fedeli inglesi e Cattolicesimo iniziata nei primi anni del ‘900». Ad affermarlo è Andrew Burnham, vescovo anglicano di Ebbsfleet, che il 31 dicembre prossimo si dimetterà dall’incarico episcopale per entrare in piena comunione nella Chiesa di Roma, insieme ad altri quattro vescovi. Intervistato da Ilsussidiario.net, Burnham ha fornito un punto di vista esclusivo su quanto sta accadendo alla fede in Inghilterra.



Vescovo Burnham, fino a che punto la sua conversione nasce da una crisi della Chiesa anglicana?

Io penso che la Chiesa anglicana in realtà non sia in crisi, ma che stia cambiando rapidamente. E’ composta da un numero sempre crescente di preti volontari, che non ricevono nessuno stipendio, e molti dei quali prima dell’ordinazione svolgevano un lavoro o erano andati in pensione. Oggi c’è meno consapevolezza della storia, della dottrina e delle tradizioni spirituali dell’Anglicanesimo classico. Mentre c’è un incremento significativo del movimento evangelico basato sugli Alpha-Style (i corsi di alfabetizzazione sugli aspetti basilari della fede, Ndr). E questo contribuisce alla sensazione di un cambiamento.
 



Quindi non ci sono difficoltà particolari a cui sta andando incontro la Chiesa in Inghilterra?

 

 

Le difficoltà sono le stesse dell’Italia e del resto della vecchia Europa. In primo luogo la crescente secolarizzazione. Inoltre i richiami del «post-modernismo» al posto di una narrazione metafisica in grado di abbracciare tutto quanto. Il cambiamento della natura della domenica. Il fallimento delle Chiese nel giudicare con sufficiente rapidità le culture e i bisogni delle comunità.

I cattolici inglesi sono ancora considerati cittadini di serie B?



No, non è più così dai tempi del cardinale Basil Hume (arcivescovo cattolico di Westminster fino al 1999, Ndr) il quale, pur avendo origini scozzesi e francesi, era considerato molto inglese. I cattolici sono diventati parte del mainstream inglese. La Regina si è riferita a Hume come al «mio cardinale». Ci sono tensioni per il fatto che la Chiesa anglicana ha un numero di fedeli praticanti inferiore rispetto alla Chiesa cattolica benché, a essere sinceri, è stato l’influsso dei ferventi cattolici dell’Est Europa ad avere rinvigorito alcune parrocchie cattoliche.

Ma se la Chiesa anglicana non è in crisi, allora perché ha deciso di entrare in comunione con Roma?

 

Tutto è partito dal movimento anglo-cattolico, che per la maggior parte del 20esimo secolo è stato la parte più consistente della Chiesa anglicana. Nella liturgia e nella spiritualità è molto vicino ai cattolici. Nella concezione della Chiesa assomiglia di più agli ortodossi (non ha un Papa e i vescovi sono tutti uguali). Dall’inizio dei colloqui dell’Arcic (la Commissione internazionale anglicani-romano cattolici, Ndr) di una generazione fa, l’anglo-cattolicesimo però è diminuito, mentre gli evangelici sono aumentati. I moderni anglo-cattolici sono molto più disponibili a rivolgersi a Roma e molti di loro utilizzano il Messale Romano.

C’è stato un momento che ha segnato una sorta di rottura?

 

 

L’Arcic è stato il metodo per lavorare a favore dell’unità tra Anglicani e Cattolici e gli attuali contatti tra i due sono stati molto fecondi ai livelli locali. La campagna per ordinare le donne-prete agli inizi degli anni ’90 e ora le donne-vescovo, insieme alle tensioni nella Chiesa anglicana sulle unioni tra omosessuali, hanno fatto sì che le Chiese si stiano allontanando. E’ stato per questo che alcuni vescovi si sono avvicinati a Roma, due di noi già dall’aprile 2008.
 

E a quel punto che cosa è successo?
 

Essendoci avvicinati a Roma, ci è stato assicurato che ci sarebbe stato dato ascolto e quando nel novembre 2009 è stata pubblicata l’Anglicanorum Coetibus (il documento di Benedetto XVI rivolto agli anglicani, Ndr) era una risposta nei nostri confronti che abbiamo sentito di dovere accettare.

Che ruolo ha giocato Benedetto XVI nella sua conversione?

 

La sua visita in Inghilterra, la beatificazione del cardinal Newman e, come dicevo, l’Anglicanorum Coetibus, hanno contribuito alla mia convinzione che fosse questo il momento giusto per entrare a fare parte del nuovo Ordinariato (una struttura per il clero anglicano che desidera diventare cattolico, Ndr).


Come vive il suo rapporto con l’autorità del Papa e con la sua infallibilità?

 

L’infallibilità papale non è facile da comprendere per un anglo-cattolico, ma ci sono reali progressi nel capire quale ruolo gioca il magistero ordinario e straordinario del Pontefice nella Chiesa cattolica.

Che cosa ne pensa dell’ordinazione delle donne-prete?

 

Quelli come me che non accettano l’ordinazione delle donne-prete si oppongono perché è contro gli insegnamenti delle Chiese antiche, Orientale e Occidentale, e quelle Chiese hanno chiesto agli Anglicani di non compiere questo passo. Il Papa Giovanni Paolo II aveva dichiarato che neppure il Papa stesso ha l’autorità per attuare un tale cambiamento.

(Pietro Vernizzi)