Qualcuno ha scritto in questi giorni che Obama avrebbe “preso lezioni” dal nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E, per certi versi, la visita di lavoro che si sta svolgendo in queste ore a Washington alterna momenti di genuina collaborazione ad altri nei quali ben si distingue il maestro e il discepolo. Perché la Casa Bianca ha innanzitutto bisogno di capire quale sarà il destino dell’Europa dopo la crisi greca e con i governi che si arroccano in un impaurito e pavido nazionalismo. Nessuno come il nostro Capo dello Stato ha potuto suggerire un’analisi lucida, accorta, prudente. Sapendo che essa parte comunque dal punto di vista di chi per l’Europa ha investito buona parte del proprio impegno pubblico e che, quindi, come una propria creatura non potrà mai accettare lo scenario più nefasto.



L’America è preoccupata per la nostra economia e, se in termini geostrategici l’asse atlantico non ha più il vigore di un tempo, sotto il profilo della crescita Obama ha voluto capirne di più. Perché il rallentamento o il fallimento di qualche governo europeo è oggi in grado di compromettere del tutto la fragile ripresa economica americana. L’invito rivolto dalla Casa Bianca al Quirinale ha ovviamente anche un risvolto politico, e ha sancito definitivamente il sentimento di stima che il Presidente americano già aveva espresso in occasione del G8 dell’Aquila. È prassi, nel mondo anglosassone, che le notizie più importanti vengano chieste direttamente agli interlocutori considerati più autorevoli. Ed in questo schema è rientrato esattamente il meeting nello Studio Ovale.



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I due interlocutori hanno parlato ovviamente di politica internazionale e di sicurezza, visto che l’Italia continua ad essere un partner rilevantissimo nei principali teatri di crisi, a cominciare dall’Afghanistan, ma anche in Libano e nei Balcani. E poi lo scenario legato alla proliferazione nucleare, con particolare riguardo al dossier iraniano. L’Italia non solo continua ad essere uno dei principali partner commerciali di Teheran, ma molto si è spesa sul tema della lotta alla proliferazione sia in sede di G8 che in seno all’Onu. Terrorismo e futuro della Nato erano altri due argomenti in agenda. L’Alleanza atlantica sta rivedendo il proprio concetto strategico, che verrà ufficialmente presentato in autunno. L’Italia ne è coinvolta come membro di rango, come base logistica (anche per gli armamenti nucleari Usa) e come ponte per il dialogo mediterraneo.



 

Insomma, una visita che si pone in piena coerenza con lo spirito adottato dall’amministrazione Obama rispetto alla politica internazionale. L’Europa nel suo insieme deve essere monitorata, se vista da Washington, solo come possibile catalizzatore di instabilità, almeno fino a quando non si deciderà a darsi una fisionomia politica e militare unitaria. Non è escluso, come pure qualcuno ha osservato, che la necessità imposta da questa crisi, soprattutto sotto l’aspetto finanziario, si trasformi in una virtù: quella di un raggruppamento, ad esempio, delle spese militari e per la sicurezza almeno tra un gruppo di testa di Paesi. Ma l’America sa che, in una prospettiva di alleanza à la carte, dovrà contare su alcuni partner strategici. Sta a noi ribaltare l’onore della prova e dimostrare di essere all’altezza della sfida. Il prestigio e l’autorevolezza di Napolitano e il senso di questa visita a Washington ci pongono nella prospettiva giusta. Che poi l’Italia non dovrà sciupare.