Sono sempre più frequenti i casi di musulmani che si convertono al cristianesimo. Un fenomeno in espansione che va dal Marocco all’Algeria, dalla Francia agli Stati Uniti. Secondo l’onorevole del Pdl, Souad Sbai, nel Marocco i cristiani provenienti dalla religione di Maometto sarebbero ben 150mila. Solo lo scorso anno le conversioni si sarebbero attestate a quota 45mila. E stando a quanto riferisce il quotidiano marocchino Hespress, entro il 2020 i convertiti nel Paese potrebbero arrivare a 3 milioni, il 10% di tutta la popolazione. Numeri che sarebbero invece più bassi secondo quanto ci racconta Camille Eid, giornalista di Avvenire e professore dell’Università Cattolica, che però conferma che il fenomeno è effettivamente in atto. Per Eid le conversioni in Marocco sarebbero state 400 nel 2000 e 800 nel 2004. E di qui al 2020 potrebbero arrivare a 30mila persone. Mentre, spiega il giornalista di Avvenire, numeri più elevati si registrerebbero nelle comunità di immigrati in Europa, in particolare in quella francese. Per non parlare degli Stati Uniti, dove sugli autobus di New York, Detroit e Miami è stata lanciata addirittura una campagna pubblicitaria con la scritta «Vuoi lasciare l’Islam?».



È vero che, come scrive il quotidiano marocchino Hespress, entro il 2020 i convertiti al cristianesimo in Marocco potrebbero arrivare a 3 milioni?

 

Sicuramente non a cifre così elevate, anche se il fenomeno delle conversioni esiste. Ma non penso si supereranno le 30mila unità nei prossimi dieci anni. Certo, se l’Islam aprisse le porte alla conversione ad altre religioni, a quel punto supereremmo anche i 3 milioni. Ma questa è una chimera, in quanto la legislazione dei Paesi islamici riesce ad attenuare questa tendenza. Nell’Islam ufficialmente esiste la porta d’ingresso, ma non quella d’uscita. Soprattutto in Marocco, dove esistono regole molto severe. Diverso invece il discorso per l’Algeria, dove lo Stato è molto più laico, e quindi le conversioni dall’Islam al Cristianesimo sono già state alcune decine di migliaia, o in Francia, dove i convertiti hanno formato delle vere e proprie chiese domestiche.



In che senso in Marocco la legge attenua la tendenza alla conversione?

 

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Di recente la Hope House, una Onlus attiva in Marocco nel campo dell’ospitalità ai bambini senza genitori, è stata espulsa dal Paese con l’accusa di proselitismo. Adottavano i bambini, e secondo le autorità ne avrebbero battezzati alcuni. L’articolo 220 del Codice penale marocchino punisce chi induce all’apostasia dall’Islam, minacciando di chiusura tutti gli edifici in cui avvengono le conversioni. Il testo della legge, letteralmente, afferma che «chi usa minaccia o violenza, mezzi di seduzione per costringere le persone a partecipare ai riti religiosi, è punito con la reclusione dai sei mesi ai tre anni». E questa legge è utilizzata per punire chiunque agevoli in qualsiasi modo una conversione.



 

Ci sono casi quindi casi in cui le conversioni non possono avvenire alla luce del sole?

 

Conosco numerose persone musulmane che chiedono da anni di essere battezzate, e i vescovi non vogliono farlo perché dicono: «Se lo facciamo ci chiudono tutte le chiese». Gli evangelici, al contrario, hanno molte meno esitazioni, anche perché non possiedono una vera e propria struttura che potrebbe essere colpita dalle autorità. Ma comunque chi si converte è solo una piccola parte di quanti vorrebbero farlo, ma non osano. Con la conseguenza che chi si converte non lo può dire apertamente.

 

Che cosa temono?

 

In nessun Paese islamico c’è la possibilità di convertirsi senza subire delle conseguenze. Le punizioni vanno dalle multe al carcere, fino alla pena di morte. In Malesia è prevista la riabilitazione in un istituto. Nella migliore delle ipotesi, il convertito perde la moglie e i figli, per legge o per decisione dei parenti. Negli anni ‘60, quando il Marocco era ancora sotto il dominio francese, un musulmano si è convertito ed è diventato sacerdote, partendo per l’Europa. Dopo alcuni mesi è ritornato per visitare i suoi familiari e la madre non gli ha aperto la porta dicendogli: «Non puoi essere mio figlio, mio figlio è morto». E infatti, dopo che era partito, avevano celebrato i suoi funerali, con una bara vuota.

 

Come incontra il cristianesimo una persona che vive in Marocco?

 

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Attraverso i contatti personali e la testimonianza dei cristiani europei o arabi che vivono lì. A Casablanca e a Rabat esistono delle chiese, e in linea di massima può entrarci chiunque. Ma soprattutto, attraverso i canali satellitari cristiani in lingua araba o berbera, come Alhayat, che significa “la vita”. Rashid, conduttore marocchino convertito, risponde in diretta alle domande dei telespettatori. Non è l’unico presentatore convertito, e queste persone rischiano la vita per la loro attività. Per ogni puntata, almeno 20 persone musulmane chiamano, raccontando la loro storia. Ciascun network segue poi una strategia diversa. Alcuni cercano la conversione attraverso la demolizione della fede islamica, a partire dall’analisi dei testi sacri musulmani come il Corano. Altri canali invece sono meno aggressivi, puntando su una evangelizzazione vera e propria, con programmi rigorosi in cui è spiegata la religione cristiana. Altre tv cristiane infine, meno sofisticate, si limitano a trasmettere messe e altre celebrazioni religiose.

 

Il governo del Marocco ha la fama di essere moderato. Fino a che punto lo è veramente?

 

Alcuni convertiti sono stati processati, ma rispetto a buona parte dei Paesi islamici il Marocco è abbastanza tollerante. Anche perché la sua società non ha conosciuto gli eccessi fondamentalisti di altre nazioni, se si esclude l’attentato di Casablanca del 2003. Il governo tutela le minoranze presenti nel Paese, con l’obiettivo di accreditarsi di fronte alla comunità internazionale. E addirittura alcune donne sono state ammesse a guidare le preghiere durante il Ramadan. Ma su molti aspetti la legge è ancora molto categorica, e non c’è l’intenzione di cambiarla in quanto il re del Marocco afferma di discendere direttamente da Maometto, e questo gli preclude la possibilità di riformare certe norme. Di recente è successo anche che un giornale marocchino sia stato chiuso per aver pubblicato delle barzellette sui profeti e sui santi dell’Islam.

 

(Pietro Vernizzi)