Dall’inizio della marea nera nel golfo del Messico sono numerosi gli operai della Bp che si sono ammalati dopo essere intervenuti per ripulire la chiazza di petrolio. Le statistiche esatte sui lavoratori che hanno riportato conseguenze per la salute sono contenute in un rapporto segreto del comando unificato della Deepwater Horizon. Il sito d’informazione ProPublica racconta l’odissea della giornalista Marian Wang nel tentativo, per ora vano, di ottenere il documento. Per conoscere le statistiche sui danni alla salute umana causati dalla fuoriuscita di petrolio, Marian Wang si è rivolta in primo luogo ai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, che hanno rinviato però la giornalista all’Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro (Osha). E’ stato l’inizio di una vera e propria odissea, con le autorità che si rimpallavano continuamente le responsabilità. L’Osha ha infatti spiegato che bisognava rivolgersi alla BP.
L’Agenzia per la protezione ambientale (Epa) ha risposto con una e-mail, raccomandando di contattare il dipartimento per la Sicurezza nazionale. A quel punto la Wang ha richiamato la Epa per chiedere conferma dell’informazione, e la stessa portavoce che le aveva inviato la e-mail si è subito contraddetta: «Devo chiarire come stanno le cose, mi lasci fare una verifica». Fatto sta che il portavoce dell’ufficio stampa della BP, Max McGahan, ha confermato a ProPublica l’esistenza delle statistiche riservate: «Ho fatto svolgere una ricerca ai miei collaboratori, che mi hanno spiegato che c’è un registro, e che è tenuto dal comando unificato, e spetterebbe a loro decidere se possono fornirlo». Il comando unificato della Deepwater Horizon, che include BP, Transocean, Halliburton, la Guardia costiera e numerose agenzie federali, è stato contattato diverse volte, ma alla risposte «Le faremo sapere» non ha mai fatto seguito nessuna telefonata. L’unico a fornire delle informazioni è stato alla fine David Michaels, dirigente della Osha, che ha rivelato che i limiti all’esposizione chimica citati dalla BP non sono sicuri. E ai danni alla salute provocati dalla marea nera potrebbero aggiungersi anche quelli psicologici. A riferirlo è il sito slate.com, che cita una ricerca realizzata dopo il disastro della Exxon Valdez e pubblicata nell’American Journal of Psychiatry.
Gli unici dati disponibili sono quindi quelli delle agenzie dei singoli Stati. In primo luogo della Louisiana, dove sono stati identificati 71 casi di malattia collegati all’esposizione chimica alla fuoriuscita di petrolio, di cui 50 hanno colpito i lavoratori e 21 altre persone. Otto operai sarebbero anche stati ricoverati per un breve periodo di tempo, anche se la maggior parte aveva sintomi che sono passati rapidamente. Oltre la metà delle segnalazioni riguarda persone che stavano lavorando in alto mare al momento dell’esposizione. Gli operai che hanno riportato le malattie stavano compiendo una serie di attività di ripulitura, come posizionare le paratie mobili per fermare il petrolio, bruciare le chiazze, lavorare direttamente all’impianto di perforazione. Tra i sintomi ci sono sangue da naso, irritazione di gola e occhi, tosse, difficoltà respiratoria, nausea, vomito, diarrea, eruzioni cutanee, dolori al petto e mal di testa.
«TUTTO IN REGOLA» – Altri 15 casi di malattia si sono verificati in Alabama. E nonostante le critiche rivolte da diversi media Usa al piano della BP per proteggere gli operai che stanno ripulendo la chiazza, l’ufficio stampa della British Petroleum ha spiegato telefonicamente a ProPublica di avere sempre rispettato le norme federali sulla sicurezza sul lavoro.
Un’ affermazione che non risolve però il giallo sul numero delle malattie totali causate dalla marea nera. I cui effetti potrebbero non limitarsi ai sintomi, non particolarmente gravi, riportati dal rapporto della Louisiana. Per fare maggiore chiarezza il Sussidiario ha intervistato Marian Wang, autrice dell’inchiesta uscita su ProPublica.
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Nel documento del dipartimento della Salute e degli ospedali della Louisiana sono citati solo casi di danni alla salute di intensità medio-bassa. Ritiene che possano essere state riportate anche delle conseguenze più gravi?
Non sono un medico o un epidemiologo, e quindi il mio giudizio conta solo fino a un certo punto – è la risposta di Marian Wang -. Ma ho parlato con diverse persone che hanno lavorato per ripulire la fuoriuscita di petrolio della Exxon Valdez nell’estate del 1989 (un caso analogo a quello della Deepwater Horizon, Ndr), e hanno dichiarato di aver subito delle conseguenze per la salute durate a lungo, come tosse e difficoltà respiratorie. E quindi non mi stupirebbe che questo si stia verificando anche nel golfo del Messico, in quanto alcuni medici hanno dichiarato che gli effetti potrebbero durare a lungo, e i lavoratori sono stati esposti a livelli, pur moderati, di agenti cancerogeni.
Ma sia la BP sia il governo federale continuano ad affermare che gli agenti chimici nell’area coinvolta sono a livelli di legge perché sono al di sotto delle soglie ritenute accettabili dall’Osha. C’è anche un’altra agenzia federale che ha stabilito dei limiti più restrittivi, e i dati di alcuni campioni dimostrano che queste soglie sono state superate. Gli esperti con cui ho parlato hanno confrontato i limiti all’esposizione chimica con quelli di velocità. Se il limite di velocità di una strada è 100 chilometri all’ora, la probabilità di incidenti mortali è molto più elevata che non con 50. Abbassare i limiti di velocità riduce la probabilità di incidenti in modo significativo, ma non li previene completamente.
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Ritiene che il documento della Louisiana abbia identificato la maggior parte delle malattie o soltanto una piccola percentuale?
Altri Stati hanno riportato un numero molto inferiore di malattie, ma è molto difficile ottenere statistiche complete perché non si conoscono i criteri adottati per scegliere di quali disturbi riportati dai lavoratori tenere conto e di quali no. Le statistiche su infortuni e malattie calcolate dalla BP e dal comando unificato della Deepwater Horizon ha tenuto conto solo di 86 casi dal 22 aprile al 10 giugno, ma hanno utilizzato dei criteri molto ristretti per decidere se una malattia potesse o meno essere registrata.
La BP potrebbe appellarsi a un qualche codice d’emergenza per aumentare il livello di esposizione dei suoi lavoratori?
Le linee guida della BP permettono già livelli di esposizione stabiliti da un’agenzia federale chiamata Osha. Diversi esperti mi hanno spiegato che i livelli dell’Osha sono molto datati.
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Secondo il Times, esistono delle e-mail che proverebbero come la BP abbia messo a rischio la sicurezza nella Deepwater Horizon per incrementare i profitti. Potrebbe avere messo sistematicamente a repentaglio anche la sicurezza dei suoi lavoratori?
Abbiamo appena pubblicato un’inchiesta su ProPublica che dimostra come la BP abbia violato in modo abituale le sue stesse regole sulla sicurezza nelle sue operazioni compiute nell’intero Paese. Il nostro servizio è basato su numerosi documenti relativi alle indagini sulla sicurezza interna, che hanno trovato problemi su tutta la linea nelle raffinerie di petrolio della BP. Queste inchieste hanno scoperto che i lavoratori della BP in Alaska avevano paura a parlare dei problemi relativi alla sicurezza sul lavoro, perché temevano delle vere e proprie ritorsioni. Rivelando delle procedure nelle quali la BP avrebbe risparmiato sui costi di manutenzione, abbandonando sul terreno le attrezzature, il che è rischioso.
Quindi credo sia giusto dire che sì, la Bp ha un problema di cultura. E’ qualcosa che la compagnia ha ripetutamente promesso di cambiare, ma i suoi stessi documenti interni dimostrano che questa è una società che si prende continuamente degli enormi rischi e che si limita a sperare che non si verifichino incidenti. E invece questa volta si sono verificati. Ma da un certo punto di vista ci si deve veramente chiedere se quanto accaduto nel golfo del Messico sia stato soltanto un caso, dal momento che la BP è stata avvertita così tante volte e si è rifiutata di introdurre cambiamenti che avrebbero potuto prevenire quello che è successo.
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Nel suo articolo afferma che i livelli dei vapori consentiti dal piano della BP sono inferiori agli standard accettabili. Quali documenti ha scelto come punto di riferimento?
Quello fornito da McClatchy (uno dei più importanti colossi editoriali degli Usa, Ndr), che a sua volta ha utilizzato le prescrizioni di un’organizzazione del settore petrolio e gas. Nel mio stesso articolo mi sono ispirata alle norme sull’esposizione chimica stabilite dal National Institute for Occupational Safety and Health (Niosh, Istituto nazionale per la sicurezza e la salute sul lavoro, Ndr), che è un’agenzia che fa parte dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie. Il Niosh ha raccomandato limiti per l’esposizione chimica che sono solitamente molto più bassi di quelli dell’Osha.
Nel suo ultimo discorso Barack Obama ha dichiarato che è arrivato il momento di rivolgersi alle energie pulite. Ma chi è stato ad autorizzare le perforazioni in mare aperto?
Stanno andando avanti ormai da molto tempo. Solo ora nel golfo del Messico è stato introdotto uno stop di sei mesi alle perforazioni nell’acqua profonda, ma ci sono forti pressioni politiche – da parte delle compagnie petrolifere e dei politici degli Stati della costa del golfo – per ottenere che la moratoria sia revocata.
I suoi tentativi di scoprire la verità si sono scontrati con un muro di gomma. Che cosa farà ora?
Continuerò a cercare di ottenere queste informazioni.
(Pietro Vernizzi)