Conversioni in Marocco, un articolo di Doug Bandow, membro del think thank Usa Cato institute, fa il punto sulla libertà di culto nel Paese nordafricano. Le conversioni ad altre religioni in Marocco non sono infatti ufficialmente vietate, ma secondo i missionari evangelici negli ultimi anni ci sarebbero state restrizioni significative da parte delle autorità marocchine. «ll cristianesimo ci ha impiegato secoli, ma alla fine la tolleranza religiosa ha rimpiazzato la persecuzione. Oggi è difficile trovare una società cristiana dove esistano ancora delle genuine persecuzioni.



Al contrario, è raro trovare una nazione musulmana dove non esistano persecuzioni». E’ quanto scrive Doug Bandow in un articolo del «Daily Caller», che prende spunto dalle recenti conversioni in Marocco. Per Bandow tra i Paesi islamici «ce ne sono pochi che consentono alle altre fedi di esistere e di compiere i loro riti in modo pubblico. Mentre sono più comuni quelle in cui cristiani, ebrei, Baha (una religione monoteistica diffusa in Iran, Ndr) e altre minoranze religiose affrontano la prigione e anche la morte. Per esempio, gli islamici in Somalia recentemente hanno ucciso pubblicamente un convertito al cristianesimo».



 

E aggiunge Bandow: «Se tu domandi alla maggior parte degli evangelici dove si collochi il Marocco nella classifica dei Paesi islamici per quanto riguarda la libertà religiosa, probabilmente lo metterebbero tra i peggiori. Il Marocco è stato denunciato da missionari, attivisti dei diritti umani, leader religiosi e membri del Congresso. Un deputato Usa ha comparato i marocchini perfino ai Nazisti. E’ un momento drammatico per il Marocco, che a lungo è stata inserita nella lista dei “buoni”».

 

Secondo l’esponente del Cato institute, «pochi anni fa i leader evangelici proclamavano che il Marocco era “aperto alla portata dei cristiani evangelici”. Perfino il deputato repubblicano Frank Wolf riconosceva che Rabat era “un modello di tolleranza e modernità nel mondo arabo”. Ma il Marocco ora è accusato di persecuzioni religiose». In realtà – prosegue Bandow – il Marocco ufficialmente protegge la libertà di convertirsi. Eppure ci sono state lamentele su pressioni sociali e discriminazioni ufficiali ai danni dei convertiti, che riflettono i limiti della tolleranza nella maggior parte delle terre islamiche.



 

 

Anche se è pur vero che «i marocchini che si convertono al Cristianesimo non rischiano di perdere la vita – al contrario di quanto accade ai convertiti in Paesi diversi tra loro come Somalia, Afghanistan, Pakistan e anche la Malaysia. Il Marocco ovviamente vieta il proselitismo. Proibendo questa pratica si adatta perfettamente a Islam, Ebraismo e anche con alcune affermate sette cristiane che si sentono minacciate dall’evangelizzazione delle chiese cristiane».

 

Per l’intellettuale Usa però «circoscrivere l’evangelizzazione è una seria limitazione per quanti prendono sul serio il comando di Cristo: “Andate ed evangelizzate tutte le nazioni”. Tuttavia, anche quando le chiese perseguitate non fanno proseliti in modo aperto e ufficiale, i singoli membri della Chiesa spesso lo fanno in forme ufficiose e private. Una chiesa evangelica in Kuwait, dove la pratica è ugualmente vietata, ha appeso dei brani di Vangelo sulla porta che conduce all’esterno del luogo di culto, senza che le autorità intervenissero neanche dopo che alcuni musulmani avevano fatto delle domande sulla fede cristiana al ministro di quella chiesa».