Le violenze dei musulmani contro i cristiani del Kashmir mettono l’Occidente di fronte a un sfida cruciale per la sua sopravvivenza. Lo spiega padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore dei Paesi dell’Asia grazie all’esperienza acquisita sul campo durante numerosi viaggi in tutto il mondo e a una rete di contatti con i religiosi presenti nei Paesi più a rischio. E proprio in virtù di questa esperienza, padre Gheddo sottolinea che l’unica risposta possibile alla sfida posta dall’islam può essere quella di un ritorno dell’Europa alla fede.
Padre Gheddo, qual è l’origine delle violenze anti-cristiane in Kashmir e in altri Stati dell’India?
Nel Kashmir nascono dall’odio anti-occidentale sviluppato in un anno di guerra civile, che tra il 15 agosto 1947 e il 15 agosto 1948 ha fatto due milioni di morti. Dopo l’indipendenza indiana dalla Gran Bretagna, l’Impero indiano si è spaccato tra Pakistan e India, e le due Federazioni hanno scatenato una guerra per occupare gli Stati di confine. I Paesi occidentali e l’Unione sovietica hanno appoggiato l’India, che ha conquistato militarmente tre dei cinque distretti del Kashmir musulmano. Ed è questo il motivo per cui in questi territori i musulmani odiano ancora oggi indù e cristiani. Con la differenza che mentre i primi reagiscono, i secondi porgono l’altra guancia, diventando facili vittime di violenze soprattutto dove sono in minoranza.
Ma il Kashmir non è il solo Paese indiano dove questo avviene…
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Le cause in Orissa e Madhya Pradesh, a maggioranza indù, sono completamente differenti. In questi Stati i cristiani si sono sempre interessati dei fuori casta, i cosiddetti paria, elevando la loro condizione attraverso le scuole e difendendoli in tribunale dagli espropri delle terre. In India esistono 16 milioni di paria, il 12-15% della popolazione totale. E riscattarli da una condizione di inferiorità turba l’ordine sociale tradizionale, immutabile da secoli. E’ per questo che i cristiani sono malvisti negli Stati a maggioranza induista.
Fino a che punto il governo indiano è responsabile della persecuzione dei cristiani?
Il governo ha fatto quanto era in suo potere per proteggerli, e anche la costituzione riconosce la parità tra le religioni. Anche se un partito molto influente, il Vishwa Hindu Parishad (Vhp) sostiene che l’unico vero indiano è l’induista, e questo ha dato origine a massacri di musulmani e cristiani.
Anche in Pakistan i cristiani non se la passano affatto bene…
In Pakistan la persecuzione dei cristiani è ancora più massiccia. La mentalità comune del popolo è che chi offende l’islam deve morire. In uno dei miei quattro viaggi in Pakistan, ho visitato tra l’altro il villaggio di Khushpur, che conta ottomila abitanti tutti cattolici. Le differenze rispetto a qualsiasi villaggio musulmano saltano subito agli occhi. Le strade sono pulite, le donne sono libere e senza velo, gli uomini lavorano (a differenza di quanto avviene spesso tra i musulmani, dove sono le mogli a fare i mestieri più pesanti), i bambini vanno a scuola. A Khushpur la diversità culturale dei cristiani è portata a livello di popolo, suscitando ammirazione ma anche rabbia e talora violenze. Per non parlare del fatto che il Pakistan, in origine Stato laico, ha cambiato la sua Costituzione inserendo espliciti riferimenti religiosi. Nella polizia sono arruolati agenti corrotti che appartengono agli estremisti. E sono loro spesso a giustiziare o lapidare i cristiani nei villaggi, con accuse il più delle volte inventate.
Come valuta il referendum in Turchia?
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Erdogan è abbastanza propenso a promulgare una costituzione di tipo europeo. Ma il popolo turco in realtà è guidato dagli imam, che non escono dai seminari come i nostri sacerdoti, ma si tramandano la carica di padre in figlio come uno strumento di potere. E per gli estremisti è difficile accettare sia l’Occidente, sia la fede in Gesù Cristo.
Sul Corriere, Angelo Panebianco cita un suo giudizio in cui afferma che l’Europa è sul «punto di essere fortemente condizionata, nelle sue leggi e nei suoi costumi, dalle pressioni di comunità islamiche in espansione». Che cosa intende dire?
In Gran Bretagna i musulmani sono già due milioni, in Germania due e mezzo, in Italia ci sono enclavi dove sono quasi la maggioranza, come Mazara del Vallo, Colle Val d’Elsa o nel quartiere torinese di Borgo San Salvario. Gli italiani che ci vivono raccontano che i musulmani hanno le loro leggi, e che la polizia entra in queste zone solo se deve arrestare un italiano, perché per i musulmani ci sono già i tribunali islamici. E più gli immigrati aumentano, più si sente il peso di questa situazione anche in altre aree della Penisola. Gli italiani continuano a diminuire e i musulmani ad aumentare, a causa dei nuovi flussi migratori e dei nuovi nati. La loro espansione è costante, e tra 20 o 30 anni vedremo…
Che cosa può fare l’Europa per evitare di soccombere di fronte all’espansione islamica?
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La risposta può essere solo sul piano religioso. Noi europei, popoli cristiani per tradizione, siamo sempre più pagani. La Chiesa è costantemente derisa, e il Vecchio continente dà ormai l’idea di essere divenuto ateo. Nei libri di testo delle scuole in Indonesia e Malesia è scritto che la missione dell’islam è portare l’Europa a Dio, vuota di ideali e di figli.
Che cosa manca a quanti in Europa si definiscono cristiani, per rispondere con la loro fede all’avanzata dell’islam?
La coscienza storica della propria identità cristiana. Se togliamo il cristianesimo all’Europa non si capisce più niente, perché la nostra società è nata dal Vangelo. Il fatto è che l’Europa oggi si chiama cristiana, ma non lo è più, e in questo modo dà l’idea ai musulmani di non credere più a niente. «E noi vi porteremo all’islam», pensano in cuor loro.
Aveva ragione Oriana Fallaci?
In realtà l’Islam ha ancora una sua funzione, anche in un Occidente moderno dove la religione musulmana potrebbe apparire superata. Ed è quella di richiamarci al dovere di essere veramente cristiani. Le conversioni dal cristianesimo all’islam sono sempre più numerose, e questo accade perché nel Corano c’è una fede in un Dio unico e una comunità degna di questo nome. E’ su questo piano, e non su quello politico né tantomeno militare, che noi cristiani siamo chiamati a lanciare la sfida al’islam.
(Pietro Vernizzi)
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