È cominciata ieri la visita di stato in Gran Bretagna di Benedetto XVI. Nel palazzo reale di Edimburgo il Papa ha incontrato la regina Elisabetta e il principe Filippo e ha tenuto il primo discorso ufficiale. Grande l’attesa, per un viaggio che i pronostici della vigilia non hanno annunciato facile. Fin dal viaggio in aereo, com’era avvenuto per il recente pellegrinaggio in Portogallo, il Papa ha toccato temi cruciali. Il sussidiario ne ha parlato con Andrea Tornielli, vaticanista del Giornale, al seguito di Benedetto XVI in questa visita nel Regno Unito.
Durante il volo da Ciampino a Edimburgo, tra i vari temi toccati il Papa è tornato sulla questione pedofilia, molto sentita in Gran Bretagna.
Sì, e ha detto cose molto forti. Ha detto che le rivelazioni sugli scandali sono state «uno shock» e un motivo di «grande tristezza», aggiungendo che per lui è stato difficile capire come si sia potuti arrivare ad una tale «perversione del ministero sacerdotale». Ha detto che l’autorità della Chiesa non è stata sufficientemente vigilante, veloce e decisa nel prendere le decisioni necessarie per contrastare gli abusi. E ha ribadito il tema della penitenza, della purificazione e della trasparenza. Ma il passaggio che più mi ha sorpreso è stato un altro, ed ha a che fare con il tessuto della società britannica, fortemente secolarizzata.
Parla di quando è stato chiesto al Papa come rendere la fede religiosa, specialmente cristiana, «anche più credibile e attrattiva» in un contesto come quello?
Sì, perché la risposta del Papa colloca la Chiesa all’opposto di un’idea di essa centrata sulle statistiche, sulla presenza numerica dei fedeli, all’opposto insomma di una visione egemonica. Ha detto che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata: la Chiesa, ha detto il Papa, «non lavora per sé, per aumentar i propri numeri e il proprio potere». «La Chiesa è al servizio di un Altro»: serve non per sé stessa ma per rendere accessibile agli uomini la verità di Gesù Cristo.
La verità della Chiesa non dipende dal suo consenso, insomma.
No. il Papa ha dato una risposta che vale non solo per la Gran Bretagna o per un luogo in cui i cattolici sono numericamente minoritari, ma per tutti. Nella misura in cui la Chiesa è trasparente e fa vedere Cristo, lì sta la sua ragione, non nei numeri, non nella sua influenza mondana.
Lei ha assistito all’incontro pubblico del Papa con la regina. Cosa può dire?
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Benedetto XVI ha espresso parole di gratitudine alla regina Elisabetta già durante il volo. Il discorso della sovrana è stato molto formale, ha però riconosciuto alla Chiesa cattolica il grande ruolo che essa ha nell’educazione e contro l’uso della violenza. Se pensiamo alla valenza di queste parole rispetto al problema dell’Irlanda del nord, ne cogliamo subito l’importanza. Ha anche parlato del ruolo pubblico della religione e dunque del contributo positivo che viene dalla religione. Il Papa ha ripreso il tema dell’importanza delle radici cristiane, e ha dato atto alla Gran Bretagna di quello che ha fatto nella storia, soprattutto di essere stata baluardo contro la dittatura nazista.
«…la Gran Bretagna e i suoi capi – ha detto Benedetto XVI – si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere». La frattura tra Dio e società non è anche tipica della nostra società secolarizzata?
Sì, e secondo me la frase del Papa è tutt’altro che casuale. Parole comunque di alto valore simbolico, se pensiamo che sono pronunciate da un Papa di nazionalità tedesca. Benedetto poi ha difeso «quei valori tradizionali» e «quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più». Il popolo inglese non deve permettere, esorta il papa, che si oscuri il fondamento cristiano che sta alla base delle libertà che così profondamente segnano la storia e la civiltà inglese. Quel patrimonio deve continuare a «plasmare» la nazione. A mio modo di vedere l’elemento altamente positivo è stata la consonanza di vedute sul ruolo pubblico del cristianesimo: anche la regina lo ha detto chiaramente.
È accaduto raramente che un Papa andasse in un paese così secolarizzato, e in cui al tempo stesso la protesta contro di lui fosse così capillarmente organizzata. Lei che impressione ne ha avuto, a giudicare dal primo giorno di viaggio?
Intanto posso dire che nel settore riservato alle proteste, vicino al percorso del Papa, su 70 posti «democraticamente» destinati ai contestatori c’erano al massimo una decina di ragazzi che agitavano dei condom. Occorre tener presente che quando nell’’82 venne Giovanni Paolo II ci furono moltissime proteste e altrettanto se non più veementi, dunque bisogna abituarsi a guardare alla Chiesa e al papato con gli occhi della storia.
L’opinione pubblica britannica sarà capace di farlo?
La mia percezione, stando a quel che ho visto finora, è che se dal punto di vista mediatico l’attesa era incentrata solo sulle proteste, ora che la visita è iniziata e il Papa è qui, una differenza comincia a vedersi: l’attenzione dei media è rivolta tutta a quel che Benedetto XVI dice e a quel che è, lui, in persona. Non vorrei essere troppo ottimista, ma secondo me questo è comunque destinato a cambiare un po’ l’opinione pubblica.