E’ di ieri la notizia della chiamata in patria dell’ambasciatrice d’Egitto presso la Santa Sede, ufficialmente per consultazioni urgenti con il governo. Il motivo però come è stato detto poi da fonti governative egiziane, è l’irritazione per le parole del papa in difesa dei cristiani coopti egiziani vittime degli attentati dei fondamentalisti islamici.



Al momento l’Egitto mantiene rapporti diplomatici con il Vaticano ma considera le parole del Papa come “interferenza inaccettabile nei propri affari interni”. Il sito Rome Reporets ha effettuato una intervista esclusiva con l’ambasciatore prima che la diplomatica partisse per l’Egitto. Nel suo discorso al corpo diplomatico presso il Vaticano, il Papa aveva espresso un richiamo alle autorità egiziane affinché “i cristiani possano vivere in sicurezza, continuare a contribuire alla società di cui sono membri a pieno diritto”.



L’ambasciatore egiziano nel corso della intervista sottolinea che “non è condivisibile l’opinione che i cristiani siano perseguitati in Egitto. Persecuzione è una parola grossa” ha detto “con cui bisogna stare attenti, è un termine legale che non si può usare senza ragione. In questo senso non condividiamo l’idea che il nostro governo o altri governi dell’area non abbiano provveduto a proteggere in cristiani nel Medio Oriente”.

  "I coopti in Egitto" ha continuato la diplomatica "sono percepiti come parte integrante dell’Egitto. Non li consideriamo una minoranza. Hanno tutte le protezioni che ha qualunque cittadino egiziano, le loro chiese sono protette". Per l’ambasciatrice, quelli avvenuti sono attacchi contro gli egiziani, non contro dei cristiani, contro la società egiziana in generale".