La recente intervista del Sussidiario al ministro turco degli Affari Europei, Egemen Bagis, certamente riflette l’impegno del governo turco sulla questione dei rapporti interreligiosi nel paese e deve essere motivo di speranza per i cristiani e le altre minoranze religiose. Occorre però illustrare qual è la storia e la realtà turca per capire il contesto in cui i cristiani hanno vissuto e vivono tuttora.
Il ministro afferma che la Turchia può vantare una lunga tradizione di tolleranza religiosa tale per cui ad esempio, l’Impero Ottomano permetteva al suo popolo di godere di un’atmosfera più tollerante rispetto alla sua controparte europea. Nonostante questo sia un pensiero diffuso, in realtà, a parte una certa tolleranza dettata da interessi economici, durante i nove secoli e mezzo di convivenza con i cristiani la situazione è stata ben diversa. In questo contesto i cristiani erano chiamati “giavur”, infedeli, ed erano soggetti alla legge islamica con lo status di “dhimmi”.
Gli eccidi di massa venivano eseguiti di frequente. Il più conosciuto, grazie all’invenzione del telegrafo, è quello di 250,000 armeni cristiani uccisi per motivi religiosi e politici tra il 1895 e il 1897 ad’opera di Abdul Hamid, conosciuto come il Sultano Rosso. Lo stesso, fece uccidere 150.000 cristiani nei Balcani perché non volevano convertirsi all’islam. L’intolleranza turca arrivò a tal punto da pianificare lo sterminio totale dei cristiani per cui uccisero 1.700.000-2.100.000 di armeni, 300.000-750.000 di assiri e 300.000-2.000.000 di greci dal 1910 al 1923. Lo stesso Kemal Ataturk, padre fondatore della Turchia moderna, ripulì la Turchia degli ultimi 250.000 cristiani che vi risiedevano, completando la loro virtuale eliminazione dalla Turchia. Dall’essere il 15% della popolazione nel 1900, attualmente i cristiani sono solo il 0.15% e la Turchia non ha riconosciuto i tre genocidi commessi.
Nella Turchia repubblicana sono continuate le persecuzioni con 30.000 greci scappati fra il 1960 e il 1970 a causa dei pogrom iniziati nel 1955. Allo stesso modo anche 40.000 ebrei fra il 1948 e il 1953 hanno lasciato il paese. Inoltre la Turchia ha provveduto a eliminare il più possibile le tracce cristiane rimaste nel suo territorio. Sono migliaia le chiese trasformate in musei, moschee, scuole, biblioteche o granai, fatte esplodere o addirittura utilizzate come bersagli per esercitazioni militari tra il 1960 e il 1970 come il monastero di San Bartolomeo (10 sec A.D.) ad Albayrak, costruito sul luogo del martirio del Santo e quello di Khtzkonk (7 sec A.D.). Nel 1951, un reporter curdo, Yasar Kemal, fu testimone dell’inizio della demolizione della chiesa di Akhtamar e si adoperò per fermarne la distruzione completa salvando questo capolavoro di arte medievale cristiana. La chiesa, rimase comunque semidistrutta fino al restauro e alla trasformazione in museo nel 2005. Attualmente, sono 85 gli edifici religiosi cristiani in Turchia. Delle 2500 chiese armene secolari esistenti all’inizio del 1900, ne rimangono 40.
L’intolleranza turca, risultato di un mix tra fanatismo religioso e ultranazionalismo, è stata alimentata negli ultimi vent’anni da un onda di intensa islamizzazione voluta dall’attuale partito al governo e tale per cui ancora oggi per i cristiani si può parlare di intolleranza e persecuzione. La chiesa è vittima di una legislazione che la penalizza fortemente e non ha il diritto ad avere personalità giuridica. Quella cattolica latina non è neanche riconosciuta. Le chiese non possono più formare il clero per la chiusura forzata dei seminari dal 1971. Lo stato interferisce nella gestione della chiesa e delle fondazioni. E’ oltre un anno che il Patriarcato Armeno di Costantinopoli non può eleggere il suo patriarca perché impedito dallo stato turco. Solo nel 2010 è stato concesso dopo quasi un secolo, di celebrare una messa annuale nello storico monastero di Sumela (4 sec A.D.) a Trebisonda e nella Chiesa della Sacra Croce (915-921 A.D.) di Akhtamar sul lago di Van. Le prime due messe sono state propagandate dai media Turchi come un contributo alla pace nel mondo e come la prova data al mondo e all’Europa, del vero volto della Turchia. Armeni e ortodossi hanno ringraziato, ma vorrebbero officiare messa 365 giorni all’anno e in tutte le loro chiese. Inoltre poco tempo dopo, per pura provocazione, gruppi di estremisti islamici e ultranazionalisti turchi hanno avuto il permesso di celebrare il rito islamico in varie chiese cristiane tra cui l’antica cattedrale della Santa Vergine (989 A.D.) ad Ani.
Come se non bastasse, ai cristiani non è concesso il possesso o l’acquisto di beni il che vuol dire non poter costruire altre chiese e scuole. I cristiani sono tutti schedati e sono oggetto di sorveglianza poliziesca. Nonostante dal 2003 sia autorizzato il cambio di religione per i mussulmani, la realtà dei fatti dimostra che se qualcuno si converte al cristianesimo va incontro a una vita quasi impossibile. Il ministro afferma che negli ultimi otto anni, è emersa in Turchia una società più tollerante. Mentre è certamente vero che molti intellettuali turchi e varie associazioni hanno denunciato la situazione di intolleranza religiosa, la realtà dei fatti rimane almeno preoccupante. Le uccisioni di Don Andrea Santoro nel 2006, del giornalista Hrant Dink nel 2007 e di Monsignor Luigi Padovese nel 2010 per citarne solo tre, sono la prova di questa situazione. In ultimo, parlare di queste cose in Turchia viene perseguito dall’articolo 301 del codice penale.
Appare chiaro come allo stato attuale, non si può parlare di un vero cambiamento ma di limitati tentativi utilizzati più per ingraziarsi l’Europa che per cambiare veramente le cose. Eppure la Turchia è sempre stata terra cristiana, terra di evangelizzazione da parte degli apostoli Paolo, Giovanni, Tommaso, Giuda Taddeo e Bartolomeo. La terra delle prime comunità cristiane, Antiochia, Efeso, Tarso, Smirne, Calcedonia, Edessa, Nicea, Costantinopoli. La stessa Maria secondo la tradizione visse con San Giovanni a Edessa, città dove venne costervata la Sindone e la Veronica. Monsignor Padovese chiamava la Turchia il luogo in cui il cristianesimo si è aperto al mondo e in cui la Chiesa è divenuta realmente ‘cattolica’, cioè universale. E’ solo qui che si dice ancora messa in aramaico, la lingua di Gesù fatta bandire per quasi un secolo da Ataturk. Ma purtroppo è ancora terra di martirio e forse la speranza definitiva per i cristiani e le altre minoranze religiose è proprio l’entrata della Turchia nella Comunità Europea.
(Zhirajr Mokini)