Migliaia di donne in piazza senza velo, la croce come uno dei simboli della protesta, i manifestanti che hanno cacciato dal corteo i pochi fondamentalisti infiltrati che cercavano di far sentire i loro slogan. E’ il vero volto della rivolta dell’Egitto contro la dittatura di Mubarak, raccontato in esclusiva per Ilsussidiario.net dal professor Wael Farouq. Docente di Arabo all’American University egiziana e vicepresidente del Meeting del Cairo, Farouq è stato contattato dal nostro quotidiano on-line dopo una notte passata in prima linea insieme ai manifestanti di piazza Tahrir, vero cuore della protesta. «Questa è una rivoluzione guidata dalla classe medio-alta che chiede innanzitutto libertà, politica e religiosa – sottolinea Farouq -. I fondamentalisti non si impadroniranno della rivolta, quanto sta accadendo in questi giorni dimostra che il vero nemico della libertà religiosa in Egitto è il regime di Mubarak, che cerca di dividere cristiani e musulmani per controllare il Paese».



Professor Farouq, da chi sono guidate e cosa chiedono le persone che manifestano contro Mubarak?

Molte di queste persone sono scese in strada perché sono affamate. Ma i veri leader della protesta appartengono alla classe medio-alta. Hanno organizzato tutto su Facebook, molti sono studenti dell’American University, dove insegno, e della German University. Con loro ci sono migliaia di professori universitari e anche numerosi magistrati. Ciò che chiedono queste persone è innanzitutto libertà.



Ritiene che Mohammed ElBaradei possa guidare la transizione verso la democrazia?

No. ElBaradei in realtà è molto lontano dalla gente che protesta, non è lui il nostro leader. E lo stesso vale per gli altri politici egiziani. Nessuno di loro ha legami con quanto sta avvenendo in questi giorni. Solo ora che le persone muoiono nelle strade, vengono a offrirci il loro aiuto. La nostra risposta è una sola: «No grazie». I leader di questa rivoluzione vengono dal basso.

 

Ma è davvero un’insurrezione spontanea, o c’è qualcuno che l’ha fomentata?



 

Le persone sono scese in strada senza che nessuno dicesse loro di farlo. Posso assicurare che chi ha guidato le proteste non sono stati i Fratelli mussulmani. Vorrei che su questo non ci sia nessun possibile equivoco. Quella che sta avvenendo è una rivoluzione laica. Anche se il governo sta facendo di tutto perché passi il messaggio che dietro ai manifestanti c’è il fondamentalismo islamico. Ma posso testimoniare in prima persona che non è così.

 

Che cosa ha visto?

 

Quello cui ho assistito in questi giorni mi ha convinto del fatto che il vero nemico della libertà religiosa in Egitto è il regime di Mubarak. Le centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza chiedevano a gran voce l’unità tra cristiani e musulmani. Uno degli slogan, per esempio, era: «Cristiani e musulmani, siamo tutti egiziani». Al contrario, venerdì notte non ho visto un solo Fratello musulmano tra i manifestanti. Una persona a un certo punto ha provato a intonare un loro slogan, «L’Islam è la soluzione», ed è stato subito cacciato dal corteo. Gli altri contestatori hanno commentato la scena con queste parole: «Siamo egiziani, non musulmani». Un cristiano portava con sé una croce, e appena gli altri manifestanti se ne sono accorti, si sono mostrati contenti e lo hanno issato sulle loro spalle tenendolo in alto in segno di apprezzamento. Posso raccontarlo perché lo ho visto con i miei occhi.

 

In tv si vedevano anche molte donne scese in piazza…

Su 50mila manifestanti in piazza Tahrir, circa 10mila erano donne. Molte di loro non portavano il velo, e nessuna è stata infastidita o discriminata per questo motivo.

 

Quali sono le riforme di cui l’Egitto ha maggiore necessità?

 

L’Egitto ha bisogno di libertà politica e di giustizia economica. Le differenze nello stile di vita tra le persone ricche e quelle povere è incredibile. Alcuni egiziani mangiano ogni giorno con le prelibatezze cucinate dagli chef parigini o italiani, e altri sono costretti a raccogliere il cibo dalla spazzatura. Non si può continuare così. Inoltre, da quando sono nato non ho assistito una sola volta a delle elezioni libere. Il voto è soltanto una messa in scena, e lo stesso vale anche per il nostro Parlamento. E non sono io a dirlo, ma una sentenza della magistratura egiziana che ha stabilito che le ultime elezioni non sono avvenute in modo regolare.

 

Che cosa accadrà nei prossimi giorni?

 

Le manifestazioni non si fermeranno. Le persone tornano a casa giusto il tempo per cambiarsi il vestito, riposarsi un istante, e poi ritorneranno in piazza. Quello che è nato in questi giorni è un nuovo Egitto, e nulla nel nostro Paese sarà mai più come prima.

 

Secondo la polizia i manifestanti sono dei violenti…

 

Non c’è nulla di più falso. Alle 17 di venerdì la polizia si è dileguata dalla capitale, svestendo le uniformi e facendo uscire dalle carceri i criminali comuni per seminare il panico tra la gente. I manifestanti al contrario hanno formato un servizio d’ordine per evitare che fossero commessi dei saccheggi. Anch’io sono rimasto diverse ore davanti al Museo egizio per proteggerlo, insieme a centinaia di altre persone. L’unico incendio appiccato dai manifestanti è stato quello del palazzo del National democratic party, che è il partito di Mubarak.

 

Qual è la strategia della polizia in questo momento?

 

Stanno cercando di creare il maggiore scompiglio possibile. Hanno smesso di proteggere le banche e gli altri luoghi sensibili. Il loro obiettivo è incoraggiare i criminali comuni a commettere delitti, come furti e incendi. Diversi saccheggi sono stati organizzati dalla polizia, per fare sì che la società si rivoltasse contro i manifestanti, impaurita per la mancanza di sicurezza nel Paese.

 

Qual è stata la posizione delle autorità religiose nei confronti della rivolta?

 

La moschea di Al-Azhar, la più importante istituzione islamica nel Paese, ha chiesto ai musulmani di non manifestare, affermando che sarebbe contrario al Corano: evidentemente, è una bugia. Anche i vertici della Chiesa copta hanno tenuto la stessa posizione, che trovo vergognosa. Eppure, i cristiani si sono riversati nelle strade, come avevano già fatto dopo l’attentato contro la chiesa di Alessandria. Rivelando così una volta per tutte di fare parte a pieno titolo della società egiziana.

 

Come valuta la posizione di Ue e Usa nei confronti della situazione in Egitto?

Le armi utilizzate dalla polizia per uccidere i manifestanti provengono dagli Stati Uniti. Conservo come «souvenir» una bomba lacrimogena con la scritta «Made in Usa». Ma anche il governo italiano ha aiutato il governo egiziano a uccidere i nostri concittadini.

 

In che senso scusi?

 

Quello che chiediamo al governo italiano è di non appoggiare in nessun modo il regime di Mubarak. Perché quando Mubarak cadrà, le relazioni tra Egitto ed Italia smetteranno di essere buone come sono state finora. In Europa del resto nessuno finora ha condannato il regime che c’è nel nostro Paese. E nessuno ha sostenuto il diritto degli egiziani di cambiare governo. E’ questa mancanza di onestà intellettuale da parte dell’Europa ad avere distrutto il dialogo tra Islam e Cristianesimo.

 

Come si comporterà l’esercito nei confronti dei manifestanti?

 

Quando l’esercito è sceso nelle vie del Cairo, chi protestava lo ha accolto con i fiori. La gente ha fiducia nell’esercito perché non ha la stessa storia di corruzione della polizia e del governo. Non so ancora con chi decideranno di stare i generali, ma i soldati hanno sempre dimostrato di avere a cuore soprattutto il patriottismo. Gli egiziani nutrono grandi speranze nei confronti del loro esercito.

 

(Pietro Vernizzi)

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