È una linea sottile quella che attraversa la storia del mondo arabo, dagli anni Settanta ad oggi. Una linea che si insinua nelle pieghe del pensiero che si fa azione e le cui conseguenze oggi vediamo manifestarsi appieno. I Copti sono solo la faccia più vicina della medaglia, quella a brevissimo termine. Non dobbiamo dimenticare che alle loro spalle in Egitto, c’è l’Ambasciata israeliana, presa d’assalto poco tempo fa; domani toccherà agli intellettuali e ancora dopo alle donne.  È il disegno dell’estremismo che si prende il potere, il pensiero e la società. Che scava nelle viscere sociali per instillare nella mente del popolo il desiderio di rivalsa e di sopraffazione. È un disegno che, si badi bene, non nasce oggi, ma è ben radicato e costruito nel tempo.
Ricordo distintamente che Sadat liberò, negli anni Settanta, tanti radicalisti islamici, dando così vita inconsciamente a ciò che oggi vediamo; un percorso lungo e lineare, passato sia per la repressione di Mubarak e la clandestinità, ma pur sempre vivo come una fiammella accesa in una grotta, capace di illuminare poco ma costantemente. E soprattutto al riparo da occhi indiscreti.
Oggi la strada è spianata, inutile girarci attorno senza arrivare a darsi questa triste certezza; l’estremismo ha in mano, praticamente, gran parte del Nordafrica e del cuore del medi oriente.
Ma ciò che stupisce è la cecità, il non saper guardare all’indietro nella storia e il non voler imparare dal passato: l’Algeria, che dovrebbe essere un rimpianto storico per la comunità internazionale, ha vissuto la sua “primavera araba” negli anni Novanta. Gli estremisti arrivarono, uccisero, sgozzarono e presero il potere: senza che qualcuno, vedendo scorrere il sangue di centinaia di migliaia di persone, battesse ciglio. Un paese che oggi è il ritratto muto e sofferente, ma purtroppo estremamente fedele, di come saranno i paesi colpiti dalla primavera araba fra dieci anni. O forse meno. Col capo chino di fronte allo strapotere della Fratellanza, i popoli che finora avevano tenuto lontano l’estremismo, domani ne saranno totalmente ed inesorabilmente schiavi.
Penso con grande tristezza alla Tunisia, in cui Bourghiba ha impegnato gran parte del suo mandato a bloccare l’avanzata del radicalismo; quella Tunisia che oggi si vede soffocata dalla spinta estremista di chi assalta tv, università e scuole per dimostrare la sua forza e instillare terrore repressivo. L’abbandono della Tunisia è una colpa che la comunità internazionale non potrà mai espiare.



In Libia la lezione algerina è stata ancor più evidente; se in Egitto i militari sono ormai il braccio armato della Fratellanza e l’accordo è più saldo che mai, in Libia l’estremismo ha rastrellato le coscienze della gente, preparando il terreno all’avanzata militare degli insorti, che fatalmente cammina ben più piano di quanto non si potesse pensare.
È un viaggio parallelo, in cui mente e corpo percorrono la stessa via senza guardarsi mai ma provando lo stesso sentimento: l’occupazione delle menti è ben più solida e duratura di quella militare, l’estremismo lo sa bene. Gheddafi, odioso nei modi e nelle sue deformazioni populistiche, conosceva a menadito questa realtà e se ne accorse, con buona probabilità, sotto la presidenza Carter, che tentò di dialogare con il cattivo, con l’estremismo, rimanendone ostaggio e causando uno sconquasso clamoroso in tutto il quadrante. Guarda caso come il suo successore lontano Barack Obama, che al Cairo aveva sostanzialmente legittimato l’universo radicalista, pensando di venire con esso a patti ma rimanendone anch’egli prigioniero. Un potere debole quello di Obama. L’amministrazione americana in tutto questo sfacelo che si chiama primavera araba ha una responsabilità.
L’estremismo, il caso del Marocco lo testimonia “a contrario”, mette radici laddove il governo e la politica sono deboli: Hassan II ha lo straordinario merito di aver saputo e voluto combattere il comunismo, che avrebbe aperto la strada al radicalismo islamico. Ne combatté uno e ne sconfisse due. Ma non sempre il mondo arabo ha saputo tenere a bada questi movimenti e le conseguenze le viviamo oggi. Chiudiamo con l’Egitto, laddove siamo partiti in questa riflessione; la Fratellanza, ormai forte del predominio sulle menti degli egiziani, spazzerà via tutto ciò che tenterà solo di frapporsi al suo potere assoluto. Grazie all’esercito, ieri fedele a Mubarak oggi saltato all’altra sponda del fiume. Il Cairo, Piazza Tahrir, i discorsi sulla libertà del popolo: tutto un ricordo tristemente sbiadito.

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