Gheddafi è morto, e Sirte, dopo settimane di assedio, è stata espugnata. Tutto finito, sembra. A parte li fatto che l’interpol e il tribunale penale Internazionale hanno suggerito ad Seif Al-Islam, figlio di Muammar Gheddafi e temutissimo capo dei servizi segreti di arrendersi e «affrontare la giustizia». In particolare, gli è stato chiesto di «arrendersi alle autorità nazionale del paese dove si nasconde per garantire e facilitare il suo trasferimento in Olanda per affrontare la giustizia». Ancora incerto il modo in cui il Colonnello sarebbe stato ucciso, mentre tentava la fuga dalla città natale dove si era rifugiato. Secondo l’emittente Al Jazeera avrebbero perso la vita in seguito ad un raid dei caccia bombardieri della Nato. Ferito gravemente alle gambe, sarebbe spirato mentre stava venendo condotto in autoambulanza in ospedale. Secondo un’altra versione sarebbe stato ucciso dai ribelli. Scovato in una buca, avrebbe implorato di non sparare. Una terza versione, al più recente, vuole che a freddarlo sia stato un ragazzo di 18. Dopo averlo eliminato avrebbe mostrato, come trofeo, la pistola d’oro rubato dal raiss. Versioni contrastanti che, al momento, tingono la morte di Gheddafi di giallo. Ciò che, invece, è ormai certa, è la sua morte. A togliere ogni dubbio, infatti, sono giunte le immagini e i video del suo cadavere.
Trattato da un folla di ribelli come un trofeo. Se lo passano di mano in mano, ci palleggiano, lo sbeffeggiano. Ancora prima di vedere tali immagini, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, aveva commentato al sua uscita di scena con l’adagio latino “Sic transit gloria mundi”. Non sapendo, tuttavia, che, di norma, è sempre stato riferito ai Papi: “Così passa la gloria del mondo” – questa la traduzione – proviene da un passaggio dell’Imitatio Christi: “O quam cito transit gloria mundi”. Contestualmente, lo si attribuisce anche alla frate “Mundus transit et concupiscentia eius” (Il mondo passa e così la sua concupiscenza”) della prima lettera di Giovanni (2,17). Il cardinale Camerlengo, nell’annunciare l’elezione del nuovo Pontefice, gli ripeteva, nell’antico rito, la frase.
Il contesto in cui la si utilizza, in senso lato, può essere serio o scherzoso, riferito a personaggi famosi morti o a pesanti sconfitte successive a grandi trionfi. Tuttavia, senso è sempre lo stesso. Lo si può leggere sulle lapide di molti personaggi – in vita – famosi. Tornando alla Libia