Manca un mese alle elezioni politiche in Spagna. L’appuntamento con le urne è importante per tutta l’Europa e per l’America Latina. Arrivano al capolinea, infatti, due mandati di Zapatero, che è stato – sorprendentemente – il leader di riferimento per una sinistra che voleva cominciare il nuovo secolo superando gli schemi della socialdemocrazia. Solo otto anni fa – chi lo avrebbe detto – i diritti che la sinistra tradizionale aveva rivendicato – quelli dei lavoratori, dell’occupazione, del welfare o della redistribuzione della ricchezza – erano considerati conquiste superate. Un esempio della mancanza di realismo in cui si viveva e pensava prima dello scoppio della Grande Crisi.



Infatti, dopo la riforma che consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’agenda della seconda legislatura di Zapatero si era concentrata sullo sviluppo dei cosiddetti nuovi diritti. La legge sull’aborto del 2010 ha realizzato un’interpretazione estensiva dei diritti riproduttivi nei ??termini che gli abortisti più radicali stanno cercando di introdurre nella Conferenza delle Nazioni Unite sulle donne dalla metà degli anni ‘90. Il governo Zapatero ha risolto il problema in un colpo solo. Ha realizzato il sogno delle femministe che lavorano da anni nelle organizzazioni internazionali per far sì che i diritti sessuali includano l’interruzione volontaria della gravidanza.



Muñoz Molina su El País di sabato scorso ha descritto bene l’ideologia che c’è dietro a questi nuovi diritti: “La moda tirannica del post-strutturalismo e del relativismo che ha sostenuto che i tratti comportamentali sono esclusivamente il frutto di convenzioni o costrutti culturali”. Con la lucidità che ha dimostrato in altri momenti, lo scrittore ha dichiarato: “La mente umana non è una lavagna su cui è possibile scrivere qualsiasi sistema di valori o codice di condotta, compresi l’orientamento sessuale o l’istinto materno”.

Molina si ribella all’imposizione della teoria del genere sessuale come religione di Stato del XXI secolo. Sta di fatto che, mentre nelle aule di Harvard si spiega la relazione tra i sessi come un conflitto di classe, la Spagna ha preparato una legge (di parità di trattamento) che prevedeva sanzioni per coloro che si opponevano alla teoria del genere. Gli attacchi contro l’euro ne hanno impedito la promulgazione. Se la legislatura fosse arrivata a termine, questa norma sarebbe stata una bomba a orologeria nell’ordinamento giuridico e sarebbe divenuta un riferimento per nuova sinistra mondiale.



E adesso cosa accadrà? La vittoria del centrodestra, che dopotutto merita sostegno per far sì che si possa tornare a una certa normalità, comporterà sicuramente un cambiamento. Un cambiamento chiaro in campo economico, dove si proveranno riforme che con grande difficoltà permetteranno di mantenere un welfare più leggero. Sarà quindi l’occasione per chiedere a questo centrodestra, che spesso è troppo statalista, che ruolo avrà la società civile.

E per quanto riguarda i nuovi diritti? Bisognerà sicuramente lottare perché vengano mantenute le promesse fatte, ivi compresa l’abrogazione della legge sull’aborto. Ma il diritto capisce poco di antropologia. Per questo bisognerà ricordare tutto quello che abbiamo imparato negli ultimi anni. Nel Movimento per la vita spagnolo c’è stato un interessante cambiamento. Si riconosce con realismo che le norme non sono tutto. Senza dubbio c’è l’interesse a cambiare le leggi. Ma interessa, ancor di più, fare un lavoro in favore delle donne, promuovere le politiche reali per accompagnarle, favorire un cambiamento culturale, lavorare sull’educazione sessuale… Il nuovo governo può e deve sostenere un movimento del genere. Un riferimento per coloro che non sanno cosa farsene dei nuovi, falsi, diritti.