La repressione del regime si fa sempre più spietata. Sono almeno 24 le vittime che si sono registrate oggi, tra i civili, che protestavano contro il presidente Bashar al-Assad. Secondo l’Osservatorio siriano per i Diritti Umani, tuttavia, sarebbero 35. Da metà marzo, il governo ha fatto più di tremila morti. Oggi, le forze governative hanno aperto il fuoco contro i cittadini, disperdendo la folla e usando pallottole vere. Nel corso delle proteste di oggi, i manifestanti hanno chiesto alla Nato di intervenire nel Paese. Dando alla popolazione civile protezione internazionale, come si decise di fare quanto Gheddafi iniziò a sparare sulla folla. A dare ulteriore slancio agli insorti, non a caso, è stata la morte del Colonnello libico. Tra le fila della ribellione civile, sono in molti a volere che si attui una no fly zone come per la Libia. Un termine con il quale, di fatto, con legittimazione di una risoluzione dell’Onu l’Alleanza atlantica diede inizio ai bombardamenti e a quelle operazioni di intelligence (ma pian piano si stanno concretizzando i sospetti presenti fin dall’inizio: avrebbero preso parte al conflitto anche truppe di terra) senza cui non si sarebbe mai arrivati al rovesciamento del rais. A formulare la richiesta, in particolare, è stato l’”esercito siriano libero”. Si tratta di un gruppo di opposizione armato, capeggiato dal colonnello Riad al-Assad, un disertore siriano rifugiatosi in Turchia. Sulla pagina di Facebook della formazione si legge: «Lanciamo un appello alla comunità internazionale a imporre una no fly zone per permettere all’esercito siriano libero di agire con maggior libertà». Oggi, la maggiore parte delle vittime si sono verificate ad Hama. Si tratta della città della Siria centrale dove tre mesi or sono il presidente inviò, per sedare la rivolta, i carri armati. Altri morti si sono registrati ad Homs. Lì si starebbe alimentando anche la rivolta armata. Si tratta di una città di circa un milione di abitanti, a circa 140 chilometri dalla Capitale Damasco. Assad non si sarebbe fatto scrupoli a dispiegare l’esercito per metter a ferro e fuoco i quartieri dove erano maggiormente presenti gli insorti.
Due giorni fa, in occasione della vista di una delegazione delegazione araba guidata dal Qatar per tentare una mediazione tra il presidente e l’opposizione, quest’ultima aveva fatto sapere che non avrebbe accettato niente di meno «che le dimissioni» di Assad, e la sua «consegna alla giustizia». Per rafforzare la propria posizione, ha lanciato uno sciopero generale, promettendo che non sarà né primo né l’ultimo.