La questione siriana si fa sempre più scottante. Sabato la Lega araba ha votato a favore della sospensione di Damasco dalle sue riunioni, in seguito alla grave repressione in corso nel Paese. Il regime di Bashar Assad ha risposto reclamando una riunione d’emergenza di tutti i Paesi arabi, per discutere la crisi in corso nel suo Paese e le possibili conseguenze che potrebbe determinare sull’intero Medio oriente. Mentre Nabil el-Araby, segretario della Lega araba, sta pensando a un “meccanismo per la protezione dei civili”, e non esclude di chiedere all’Onu di esprimersi ufficialmente sulla Siria con una risoluzione in parte simile a quella formulata per la Libia. Per Vittorio Emanuele Parsi, esperto di relazioni internazionali, “il pronunciamento della Lega araba difficilmente sarà seguito da un’analoga presa di posizione da parte dell’Onu. Russia e Cina continueranno infatti a esercitare il diritto di veto contro le sanzioni ai danni di Assad. Ma soprattutto, la sospensione della Siria dall’assemblea panaraba avrà come effetto quello di rafforzare l’asse sciita che unisce Siria, Iran e Iraq”.
Come valuta la decisione della Lega araba, che ha sospeso Damasco fino a quando non cesserà la repressione ai danni dei civili?
Questa decisione rappresenta la fine della tregua che la Lega araba aveva stabilito con il regime siriano. I principali Paesi arabi sono diventati pessimisti nei confronti della capacità della Siria di resistere alle pressioni della piazza. Per quanto riguarda le possibili conseguenze di questa decisione sull’intero Medio oriente, la Siria è un attore che ultimamente non sta esercitando una particolare influenza politica, perché da otto mesi è alle prese con la questione interna delle rivolte. La presa di posizione della Lega araba sarà però probabilmente un incentivo perché i siriani si avvicinino ancora di più all’Iran. Anche se ovviamente Assad dovrà iniziare a prendere in considerazione l’ipotesi di un cambiamento di regime.
Il voto della Lega araba può preludere a sanzioni Onu, come è avvenuto per la Libia?
In linea teorica sì, anche se ritengo che sia la Russia che la Cina non siano intenzionate a cedere sulla questione delle sanzioni alla Siria. Entrambi i Paesi con ogni probabilità continueranno a esercitare il diritto di veto all’Onu, come del resto hanno già fatto. Comunque, le misure sanzionatorie adottate dalla Lega araba ai danni della Siria dal punto di vista politico sono molto più significative di quelle eventualmente adottate dall’Onu. L’isolamento del mondo arabo per la Siria è la punizione peggiore, molto di più che non l’isolamento da parte della comunità internazionale.
Quali saranno le conseguenze per il Medio oriente della rottura dell’asse tra Siria e Turchia?
Si tratta di un processo politico che è in atto già da diversi mesi. E’ difficile prevedere le possibili conseguenze, ma l’ipotesi più probabile è che la Turchia in futuro eserciti un ruolo maggiore nell’intero Medio oriente. Più che altro però le eventuali conseguenze potrebbero prodursi dopo un’eventuale caduta del regime siriano di Bashar Assad. Un nuovo regime stringerebbe probabilmente accordi di alleanza o di maggiore vicinanza con la Turchia. Quindi in realtà la rottura della Turchia con la Siria è soltanto la rottura della Turchia con Assad, che durerà soltanto nella misura in cui resisterà il presidente siriano. Se ci fosse un cambiamento di regime, a quel punto la Turchia ritornerebbe nuovamente a essere un’alleata della Siria.
E un’eventuale caduta di Assad, quali effetti potrebbe produrre sui Paesi vicini?
Su questo occorre fare una premessa: Assad appartiene alla minoranza sciita degli alawiti, mentre la maggioranza dei siriani sono sunniti. Con ogni probabilità quindi, una caduta del regime siriano avrebbe conseguenze soprattutto sul Libano. Non dimentichiamoci del fatto che il regime sciita di Assad appoggia il governo libanese controllato dagli Hezbollah. Mentre la minoranza sunnita e una parte della cospicua minoranza cristiana in Libano sono contro l’attuale governo libanese. Se in Siria si dovesse pervenire a un crollo del regime di Assad, cui dovesse subentrare un regime sunnita, per il governo sciita insediatosi a Beirut si aprirebbero scenari di conflittualità interna potenzialmente molto elevati.
Contro la sospensione della Siria dalla Lega araba si sono espressi, oltre al Libano, anche Iraq e Yemen. Qual è il significato di questa opposizione?
Per quanto riguarda l’Iraq, credo che abbia un significato legato alla solidarietà sciita, e ai rapporti che legano sempre di più l’Iraq all’Iran. La spiegazione del voto dell’Iraq nella Lega araba è un chiaro sintomo di questi nuovi scenari geopolitici, che non dipendono quindi da una scelta legata a questo o a quel regime, ma innanzitutto a legami di ordine religioso. Per quanto riguarda lo Yemen, sappiamo che sta attraversando una fase di guerra civile e quindi teme di essere il prossimo Paese che sarà sospeso dalla Lega araba. Anche perché il regime di Sanaa non si è affatto astenuto, proprio come quello di Damasco, dall’ordinare all’esercito di sparare sulla folla.
Qual è il nuovo Medio oriente che sta emergendo, alla luce delle pressioni internazionali rivolte di recente a Siria, Iran e Israele?
L’Iran è stato nuovamente accusato di avere intrapreso un’attività nucleare non trasparente, e in un certo qual modo compatibile con degli eventuali sviluppi militari. Questo ha riportato Ahmadinejad al centro dell’attenzione, anche se Teheran aveva già anticipato la sua onda di rivolta e l’aveva repressa con la massima violenza. Per quanto riguarda ciò che sta avvenendo in Palestina, in linea d’aria non è certo molto lontano dalla Siria. Ma il significato delle rivendicazioni dei palestinesi all’Onu non hanno in realtà nulla a che vedere con la Primavera araba, in quanto sono semplicemente il tentativo di smuovere il conflitto arabo-israeliano dallo stallo in cui si è arenato. Una vicenda quindi che è in realtà parallela rispetto alle rivolte contro i regimi dittatoriali del Medio oriente.
(Pietro Vernizzi)