Dopo l’uccisione di Gheddafi, ora suo figlio Saif al-Islam è stato arrestato nel sud del Paese. Una cattura che era già stata annunciata il 21 agosto scorso, ma poi era stata smentita dal giovane in persona. Ora a diffonderla è il responsabile della Giustizia del Consiglio nazionale di transizione libico.
Saif aveva preso il posto del padre a capo della resistenza libica della così detta Giamahiria. Già dal 27 giugno pendeva su di lui un ordine di cattura emesso dalla Corte internazionale di Giustizia, con l’accusa di crimini contro l’umanità.
Al momento in cui era scoppiata la guerra civile il figlio del colonnello si era schierato con Gheddafi e insieme ad Ibrahim Moussa era diventato portavoce ufficiale del governo.
Ora Saif è detenuto nei pressi di Obari, ha detto il ministro Mohammed al-Allaqui, citato dalla tv Al-Arabiya. Il ministro ha aggiunto solo che “Saif al-Islam, ricercato dalla Corte penale internazionale (Cpi), è stato arrestato nel sud della Libia”, ma non ha fornito altri dettagli. Ulteriori informazioni invece sono state diffuse da Al-Jazeera International, secondo cui Saif al-Islam è stato preso insieme a due collaboratori della resistenza libica, mentre cercava di scappare verso il nord del Paese.
Il giovane era sfuggito proprio al Cpi nell’operazione in cui invece suo padre era stato catturato e ucciso. Quindi, era diventato agli occhi di tutti il successore di Muammar Gheddafi. Con la cattura di Saif quindi cade l’ultimo punto di riferimento di rilievo del regime di Gheddafi. Non è facile ricostruire le ultime settimane di Saif prima della cattura: molte ipotesi e voci infondate si sono intrecciate dopo l’uccisione di suo padre. Mentre Gheddafi e l’altro figlio, Mutassim, venivano catturati e uccisi, Saif sarebbe fuggito da Sirte. Il giovane in questo periodo è stato dato diverse volte per morto, mentre secondo altre fonti avrebbe trovato rifugio con l’aiuto dei mercenari, in paesi adiacenti come il Niger. Mentre altre voci (confermate da Moreno Ocampo della Cpi) riferivano di contatti tra intermediari del figlio del colonnello e la Corte Penale internazionale che aveva emesso nei suoi confronti un mandato di arresto internazionale per crimini contro l’umanità.
Saif al-Islam, il cui nome significa ‘Spada dell’Islam’, è l’ultimo rappresentante del clan Gheddafi che è rimasto vivo in patria. 



Ingegnere 39enne ha studiato in Austria e Gran Bretagna e fino a poco tempo fa appariva come uno dei membri più riformisti e occidentalizzati della famiglia. Un uomo colto ma allo stesso tempo orgoglioso e sfrontato, oratore ammirato e per questo preferito dai libici rispetto agli altri suoi sette fratelli. Saif inoltre era stato tra i principali interlocutori tra il regime libico e l’Occidente, ed era a capo di una ong umanitaria molto potente, la Fondazione Gheddafi. Nel 2008 aveva deciso di abbandonare la politica ed era nata una forte rivalità con il fratello Mutassim per chi avrebbe ereditato il posto del padre. Così il suo ruolo all’interno del clan era stato fortemente ridimensionato
Ma dopo lo scoppio della guerra civile il suo volto più pacifico si era trasformato in quello di un carnefice, che aveva portato avanti una feroce repressione nei confronti degli oppositori del regime. E, rinnegando il suo passato, era diventato il nuovo baluardo della resistenza a tutti i costi, riuscendo anche a interrompere i negoziati aperti tra suo fratello Saadi e le forze del Cnt.

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