Le proteste in Egitto non accennano a placarsi, e la situazione va facendosi di ora in ora più agitata. Le concessioni del generale Hussein Tantawi, guida del Consiglio supremo delle Forze armate, non hanno soddisfatto i manifestanti che ribadiscono la loro richiesta di dimissioni immediate e dell’insediamento di un presidente civile. Abdel Fattah, esponente dei Fratelli musulmani, intervistato da “Ilsussidiario.net” sottolinea che le responsabilità della polizia nel gettare benzina sul fuoco sono innegabili, e non nasconde un certo sconforto nei confronti di quanto sta avvenendo in Egitto. Anche se aggiunge: “Chi afferma che nel mio Paese sarebbe in corso un golpe militare non ha compreso la realtà. L’Esercito ha dichiarato fin dal primo istante di non avere intenzione di restare al potere, ma di volere solo guidare la transizione verso la democrazia. Sono certo che questo avverrà, anche se in tempi più lunghi del previsto”.
Il ministero dell’Interno e i manifestanti si rimpallano la responsabilità per i 40 morti di questi giorni. Come sono andate veramente le cose?
Sono stati i poliziotti a provocare per primi i manifestanti, appiccando il fuoco alle loro tende e ferendo un piccolo gruppo di loro, composto da cento o al massimo 200 persone. La violenza delle forze di sicurezza ha incendiato il clima, e quindi come reazione i manifestanti hanno cominciato a tirare sassi contro gli agenti e tentato di entrare nel ministero degli Interni. Questa situazione di caos ha aperto la strada all’infiltrazione di alcune persone intenzionate a gettare benzina sul fuoco. I Fratelli musulmani hanno condannato con fermezza quanto compiuto dalla polizia, che ha fatto uso di un eccesso di violenza scatenando la rabbia della popolazione civile.
Ma quali sono le ragioni che hanno spinto la polizia ad aggredire i manifestanti?
Ci sono delle persone che vorrebbero bloccare la ruota del progresso verso la democrazia nel nostro Paese, e quindi hanno cercato in tutti i modi di aumentare l’escalation della violenza. Quanto è accaduto in questi giorni sarà oggetto di un’inchiesta della magistratura, nei cui confronti i Fratelli musulmani hanno piena fiducia.
In molti però hanno perso la speranza nel futuro della democrazia in Egitto. Lei condivide questo sentimento?
Nonostante la gravità della situazione non ho perso la speranza. Quello che è in corso è un rallentamento della transizione democratica, che purtroppo ha condotto ai momenti terribili che l’Egitto sta attraversando in queste ore. Il passaggio dei poteri però andrà avanti e lunedì prossimo ci sarà la prima tornata delle elezioni parlamentari. Nel frattempo il governo ha presentato le dimissioni e il Consiglio supremo delle Forze armate le ha accettate.
A questo punto però, sono in molti a pensare che la rivoluzione in Egitto sia stata in realtà un golpe militare …
Non è così. Dobbiamo guardare in faccia quanto è avvenuto senza minimizzarlo ma nemmeno esagerarlo. Se fosse vero che ci troviamo di fronte a un golpe militare, non si comprenderebbe perché fin dal primo giorno il Consiglio supremo delle Forze armate ha dichiarato che non aveva l’intenzione di restare al potere, che era soltanto “il guardiano della rivoluzione”, fino alla consegna dell’autorità a un presidente civile eletto dal popolo.
Ma allora come si spiega le vittime di questi giorni?
Con l’inesperienza dei militari, che non sono dei politici di professione ma soltanto un’autorità con una funzione transitoria. Se io, che sono un professore universitario, fossi costretto a lavorare come tassista, di sicuro non riuscirei bene come uno che lo ha fatto per tutta la vita. Non nego quindi che ci siano stati degli errori commessi dai militari, ma sono stati causati dall’eccesso di burocrazia e dalla mentalità ereditata dagli egiziani negli anni passati. Il generale Tantawi ha dichiarato in queste ore che agli inizi dell’anno prossimo consegnerà il potere a un governo civile. Aggiungendo che le elezioni avverranno nei tempi stabiliti: quelle per il Parlamento incominceranno lunedì e quelle per il Presidente a giugno.
A differenza di altri movimenti politici, il Partito Libertà e Giustizia, espressione dei Fratelli musulmani, ha più volte cercato il dialogo con i militari. Quali sono le ragioni di questa scelta?
Fin dalla prima riunione, i massimi esponenti dei Fratelli musulmani si sono rivolti al Consiglio supremo delle Forze armate con franchezza: “Se governerete in modo giusto vi ringrazieremo e loderemo, se sbaglierete vi fermeremo indicandovi la giusta strada. E se sarete troppo lenti nell’introdurre le riforme, vi pungoleremo perché avete di fronte una strada aperta. Questo è il nostro dovere nei vostri confronti, senza complimenti né inutili scontri”. L’atteggiamento dei Fratelli musulmani verso il Consiglio militare che guida il Paese è sempre stato ispirato a queste parole. Quando abbiamo assicurato il nostro sostegno alla Costituzione provvisoria introdotta dal vicepremier, Ali Mohamed Al-Selmy, abbiamo anche dichiarato che non avremmo mai accettato una superiorità dell’Esercito rispetto al Parlamento e che ci saremmo sempre opposti a un ritorno della dittatura guidata dai militari.
Eppure il Consiglio militare non ha voluto impedire che le persone legate al regime di Mubarak si ripresentassero alle elezioni di lunedì …
Non è vero, i militari hanno promulgato una legge per vietare la candidatura di personaggi compromessi con il regime. Ma il Tribunale amministrativo supremo ha stabilito che la norma era contraria alla Costituzione, in quanto non si può proibire a un cittadino di presentarsi alle elezioni se non ha precedenti penali o una condanna passata in giudicato. Dobbiamo quindi rispettare la legge.
I giovani egiziani lamentano di essere poco rappresentati nei principali partiti tra cui il vostro. E’ davvero così?
Il Partito Libertà e Giustizia ha scelto di dare spazio a diversi ventenni e trentenni preparati e ricchi di talento, e il più giovane tra i nostri candidati per il Parlamento ha 26 anni. Ma non possiamo offrire un posto in lista a tutti i ragazzi, bensì solo a quelli che dimostrano di meritarlo.
(Pietro Vernizzi)