Continuano in Egitto le proteste e le violenze. La pizza simbolo dei martiri morti per contrastare il regime di Hosni Mubarak, è tornata nuovamente ad insanguinarsi. Dopo che al potere è andata la giunta militare, che legittima l’azione del governo, sono cambiati i dittatori ma non i metodi. Da sabato scorso, infatti, le proteste sono state represse nel sangue. Sono ormai giunti a 38 i morti durante le manifestazioni, centinai i feriti, mentre decine di studenti e attivisti sono stati arrestati. Tra questi c’è Mona El-Tahawy, blogger con la doppia nazionalità che si è salvata unicamente per la sua appartenenza anche alla nazione americana. La donna ha raccontato di essere stata arresta, picchiata a aggredita sessualmente; i militari, mentre l’hanno tenuta segregata per 12 ore, l’hanno ripetutamente toccata nelle parti intime. Una volta rilasciata, i vertici militari si sono scusati per l’accaduto, rivelando di essere all’oscuro del motivo del suo arresto. Intanto, alla giornalista, è stata spezzata un braccio e una mano. Ha raccontata in seguito che, ad altri studenti che non avevano la cittadinanza americana arrestati, non è andata altrettanto “bene”. Un’altra americana, la regista Jehane Noujaim, pare che sia ancora nelle mani delle forze di sicurezza. Sarebbe stata arrestata mentre stava riprendendo gli scontri. Nel frattempo, dopo che il governo ha dato le sue dimissioni alcuni giorni fa, è giunta la notizia recente della formazione di un nuovo esecutivo. La giunta militare ha affidato l’incarico, a quanto riferisce l’emittente panaraba Al Jazeera, a Kamal Ganzuri, ex premier ed ex primo ministro. Oggi, inoltre, i militari della giunta, che ai tempi della caduta di Mubarak si erano fatti garanti della transizione, si sono scusati con i manifestanti per i morti causati da loro stessi nel corso del soffocamento delle proteste. Da parte di 65 movimenti presenti oggi a piazza Tahrir, le scuse sono state rispedite al mittente, mentre continua l’accusa di avere fallito nella propria missione. La giunta, dal canto suo, è tutt’altro che intenzionata a lasciare il potere.
I militari hanno, infatti, fatto sapere che si tratterebbe di tradire il mandato ricevuto dal popolo. Secondo il generale Mamdouh Shahin, tra i più alti rappresentanti del Consiglio Supremo delle Forze Armate «Se dovessimo lasciare la guida del paese significherebbe abbattere l’ultimo pilastro che regge lo stato».