Non sono nemmeno iniziate le consultazioni di Mohammed VI per la nomina del premier, che già le spire dell’islamismo radicale sibilano il vento dell’oscurantismo. 2M, la tv marocchina famosa per il suo orientamento moderato, già vede le prime giornaliste con il velo, cosa che ha letteralmente scioccato un pubblico non abituato a vederle nella Tv di Stato. Un pubblico che conosce bene la natura di quel velo, mai religioso e sempre politico. Non ci si poteva aspettare diversamente, del resto, visto che la vittoria di quelli che qualcuno chiama ancora “islamisti moderati” – come se esistesse la moderazione nell’islamismo radicale – è stata assai controversa.
Non nelle cifre, intendiamoci, perché i numeri, sebbene non rappresentativi della volontà popolare tutta, parlano chiaro. Ma soprattutto nella costruzione di una coalizione con Istiqlal che darà loro più problemi che soddisfazioni. La libertà di manovra in coalizione è sempre minima, lo abbiamo visto anche nel nostro paese in cui c’erano ben altre cifre di maggioranza; è legata indissolubilmente alle volontà in campo, per le quali l’alleanza è d’obbligo per governare, altrimenti da solo il Pjd non potrà formare un governo. E questo sarà, per fortuna dei moderati, un peso dal quale non potrà liberarsi facilmente. Nessuno ha notato che oggi il Marocco è un caso. Geopolitico, economico e storico. Una coalizione “obtorto collo” fra moderati e islamisti è una novità che nessuno si aspettava e che scombina nettamente il quadro che l’estremismo aveva in mente per il Nordafrica.
Volevano una fascia di Stati compatta e silenziosa, che obbedisse solo all’imperativo di sottomettersi al diktat oscurantista che sta soggiogando gran parte del mondo arabo. Ma così non è stato, finora. Non per Egitto, Tunisia e Libia, nelle quali è stato facile, quasi irrisorio, spodestare un dittatore per instaurare una dittatura, che nelle urne o nelle piazze ha avuto un consenso quasi bulgaro. Il Marocco è un paese a sé, in tutto e per tutto. Essere governati, bene o male questo sta alle singole entità sociali o politiche interne dirlo, è assai differente dall’essere sotto il tallone di un dittatore, che le urne le usa solo per incensare e certificare il suo potere agli occhi della comunità internazionale.
Usano il sistema parlamentare per conquistare Rabat, ma con esso dovranno fare i conti per tutta la durata della legislatura; i moderati ci sono e la loro presenza in coalizione sarà un ostacolo non da poco. Perché in Marocco esistono i corpi intermedi, la società civile e le associazioni, che proprio in quei moderati potranno avere un appiglio importante contro il più che probabile tentativo degli islamisti di conquistare il cuore della popolazione parlando di abbattimento del malcostume. Non per niente, 150mila donne sono già scese in piazza per far presente, pacificamente e con grande lungimiranza, che vigileranno nelle scuole e negli istituti di formazione, affinché non ci siano pressioni sul velo, odioso strumento di demarcazione politica della supremazia dell’estremismo. I segnali che l’islamismo sente il paese nelle sue mani ci sono tutti, sarebbe fuorviante negarlo, ma ci sono anche i segnali che i moderati sono più attivi che mai e la loro azione non può essere repressa. Perché?
Perché c’è ancora Mohammed VI, autorità religiosa suprema e comandante in capo delle forze armate, che non darà mai ordine di reprimere una manifestazione di piazza che chiede rispetto dei diritti davanti al pericolo dell’oscurantismo che avanza. Con la politica e nella politica il Pjd trova croce e delizia, un binomio che ne tiene la sopravvivenza al potere legata al filo del dialogo obbligatorio, dei rospi da ingoiare pur di governare e della capacità di mediare, pena elezioni anticipate e sconfitta assicurata.
Mentre l’Egitto, nel sangue e nella repressione della fratellanza musulmana, va al voto per certificare uno status quo estremista ormai consolidato, il Marocco continua a rimanere un punto interrogativo enorme. Le riforme di Mohammed VI hanno avuto effetto a medio termine, portando ad un governo di marca islamista molto probabilmente di effimera durata; ora il Nordafrica ha un volto nuovo, è vero, ma la storia cui si rifà è ben conosciuta. E l’Europa, proprio partendo da un Marocco che non ha ancora mollato la presa sulle sue libertà, dovrà sforzarsi di capire che se non si fa parte attiva in questo processo, oltre che di quelli economici e finanziari, rischia di pagarne le conseguenze quando meno se lo aspetta.