L’uomo che fece strage di 77 ragazzi e ragazze nell’isolotto nei pressi di Oslo in Norvegia, Anders Breivik, secondo gli psichiatri che lo hanno esaminato non sarebbe capace di intendere e di volere. Conseguenza di ciò, l’uomo non è imputabile e avrà diritto a evitare il carcere, con il ricovero in adeguata struttura psichiatrica. Una sentenza che lascia perplessi, alla luce della determinazione e apparente lucidità con cui il terribile gesto è stato portato a compimento e che sicuramente non lascerà serene le famiglie delle vittime. Per gli psichiatri, Breivik è in una condizione mentale che avrebbe alterato la sua capacità di giudizio prima e durante la strage. IlSussidiario.net ha chiesto ad Alessandro Meluzzi, esperto di psichiatria e di criminologia, come si arriva a una sentenza del genere e che cosa comporta. “La valutazione sulla capacità di intendere e di volere al momento dei fatti” spiega Meluzzi, “fa parte di una civiltà giuridica giusta. E’ una idea che in fondo risale ai tempi di Cesare Beccaria e che imposta la nostra civiltà giuridica”. Secondo Meluzzi, “preso atto del fatto che il reato si compone di colpa grave e di dolo – come il peccato nel diritto canonico -, se non c’è il dolo non c’è il reato e quindi non c’è la colpa”. Chiediamo a Meluzzi di spiegarci dal punto di vista medico cosa significa esattamente questo concetto: “Nessuno può essere imputato in una condizione in cui manca la piena capacità non soltanto di intendere ma anche di intendere e di volere. Questo succede in alcuni casi di disturbo della personalità in cui essa può essere disgiunta. Ad esempio in alcuni casi di disturbi borderline di personalità con intelligenza normale c’è la capacità di intendere ma non di volere”. Questo cosa comporta? “Comporta che viene a mancare il controllo delle pulsioni. Oppure c’è la capacità di volere in una insufficienza mentale grave però non c’è la capacità di intendere perché non c’è la funzione cognitiva”. Il parere del professor Meluzzi è che tali pareri psichiatrici garantiscono il fondamento della società del diritto. Aggiunge però che “per dare un giudizio specifico su questo caso bisognerebbe avere qualche elemento in più per poter giudicare la sindrome di cui soffre il soggetto”. Meluzzi qualche idea se l’è fatta: “Alla luce di quanto sappiamo, visto che il soggetto ha avuto una condotta lucida, organizzata, strutturata e anche motivazioni ideologiche forti ci vuole il presupposto che questo soggetto soffrisse di un disturbo psicotico di tipo schizofrenico paranoide”. Il che significa “una situazione in cui l’alterazione della coscienza è tale da renderla delirante, ma in un delirio lucido però, in cui era possibile mettere in atto condotte coerenti e organizzate però alterate da una coscienza malata di psicosi”. In conclusione, secondo Meluzzi, “se il fatto è stato compiuto da uno psicotico che aveva una coscienza inquinata da un delirio tutto ciò che pensava era conseguenza di malattia mentale e quindi come tale non è imputabile.



Naturalmente  bisogna vedere se l’analisi medica è corretta o no”. Rimane il fatto che soggetti di questo tipo vivono quotidianamente nella nostra società dando anche segni precedenti di squilibrio eppure possono arrivare a compiere indisturbati delle stragi: “Molti casi nella giurisprudenza recente hanno visto succedere situazioni di questo tipo, ad esempio la signora di Torino in preda a deliri e voci che ha ucciso a coltellate la madre. E’ stata considerata incapace di intendere e volere perché l’omicidio è stato fatto in stato di dissociazione della coscienza”. Per quanto riguarda la possibilità di scoprire casi del genere in anticipo, Meluzzi dice che è praticamente impossibile: “Spesso soggetti sicuramente psicotici avevano annunciato su Internet che avrebbero fatto delle stragi.  Ma è molto difficile distinguere su internet ciò che è vaniloquio da una autentica sindrome psicotica. Ci vorrebbe una polizia psichiatrica che scandaglia su Internet o nella società le situazioni a rischio, ma oggettivamente è difficile se non impossibile”.

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