Mentre la Tunisia va a fuoco, nelle grida di allarme dei moderati, c’è ancora qualcuno che si dice sereno per il suo futuro. Se si conosce quella realtà, si comprende che non c’è nulla di cui star sereni o peggio per cui essere felici. Non lo eravamo prima e non lo siamo per niente oggi. Era evidente fin dall’inizio che An Nahda avrebbe vinto, stendendo un velo opaco sul domani dei tunisini. Rachid Ghannouchi, suo leader storico, era stato chiaro e in sé quasi profetico, quando aveva fatto intendere che la Tunisia avrebbe onorato la rivoluzione con l’esito elettorale. Solo su una cosa non si può essere d’accordo: in questo risultato elettorale non c’è onore. È la vittoria del male assoluto, di chi ha un disegno in mente e lo porta avanti con estrema precisione e lungimiranza. Quella lungimiranza che è propria di chi ha spalle coperte, tasche piene e progetti a lungo termine.
Ci vogliamo nascondere che An Nahda è la filiale tunisina della Fratellanza? Facciamolo pure, poi però non ci facciamo prendere dal panico se andando in vacanza a Tunisi o a Djerba ci accorgiamo che in strada sfilano lunghe barbe e occhi iniettati di sangue. Non ci stupiamo se tutto il bello di quel mondo ad un tratto scomparirà sotto una cappa senza respiro. I moderati tunisini stanno infiammando le piazze, partendo simbolicamente proprio da quella Sidi Bouzid che fu teatro della prima ribellione contro Ben Alì: la denuncia che la loro voce non riesce a portare in Europa è l’estremismo che avanza, la violenza che cova sotto le ceneri della rivolta, il silenzio che man mano si impadronisce della libertà della gente.
L’onda lunga della tornata elettorale che ha dato la vittoria ad An Nahda la vedremo più in là, e non ingannino le rassicurazioni di Ghannouchi, tutto intento a rinnovare la democraticità e la moderazione del suo partito ai media. Quei media che nulla sapevano quando è venuto in Italia a sponsorizzare i suoi candidati in terra italiana. Né velo né finanza islamica, dice. Oggi, forse, dico io. E quando qualcuno di questi esponenti del suo partito vorrà candidarsi alle comunali di un qualsiasi comune d’Italia? Come la mettiamo? Quando gli ordini verranno presi da Tunisi, allora non ci sarà più nulla da fare. È una catastrofe assoluta, che smembra la Tunisia in tanti pezzi da rivendere poi all’estremismo internazionale, proprio quell’estremismo che ieri si è impadronito del Cairo e oggi minaccia da vicinissimo il Marocco, scatenando moti di piazza e violente proteste che hanno come base il rifiuto delle autorità di autorizzare una marcia dei salafiti. Il seme della violenza e della rivolta mascherata cova anche a Casablanca, che dovrà faticare moltissimo per arginare le conseguenze di questo sommovimento che sotto traccia alimenta la sua virulenza distruttiva.
Chi sostiene e foraggia questo domino geopolitico criminale? Semplice, proprio colei che finora è rimasto dietro le quinte: l’Arabia Saudita, vero leader indiscusso della sharia mondiale che si mescola oggi con gli affari e le bramosie geopolitiche occidentali. Proprio quell’Arabia Saudita che oggi tratta, non si sa a quale titolo, il rientro di Saif al Islam in patria. Soldi e conquista territoriale: ecco il binomio che gli sauditi hanno in mente e con il quale dirigono le rivolte come un abile burattinaio. È questo filo che lega e tesse la tela della conquista dell’Occidente, vera e propria preda ambita dall’estremismo. Non lasciamoci ingannare, il Nordafrica e il Medio oriente sono solo le sponde attraverso le quali cingere d’assedio l’Europa: a nessuno è venuto in mente che oltrepassata la Siria, che oggi paradossalmente vedo come ultimo baluardo, c’è il passaggio diretto per il Caucaso, laddove aspettano il ricongiungimento i terroristi iraniani, ceceni e chi più ne ha più ne metta?
Ecco il quadro che abbiamo davanti, altro che prova della democrazia superata. Siamo di fronte ai prodromi dello scontro sociale e di civiltà, che non avverrà in guerra, ma nelle istituzioni, nelle aule di tribunale e dovunque l’estremismo potrà aver voce in capitolo su questioni vitali. Allora sì che qualcuno vedrà il pericolo all’uscio di casa e allora, forse, smetterà di ridere.