Al momento sembrano solo schermaglie, minacciose, ma schermaglie diplomatiche sull’infinita diatriba che riguarda il Medio oriente e la posizione dell’Iran sulla questione nucleare. E’ stato il presidente israeliano Shimon Peres, una storica “colomba” nel panorama politico di Israele, a dichiarare alla televisione: “E’ sempre più probabile un attacco all’Iran da parte di Israele e 



Di altri Paesi. I servizi d’intelligence di molti Paesi che lo sorvegliano, sostengono che l’Iran è pronta ad ottenere un’arma nucleare. Dobbiamo rivolgerci a questi Paesi, assumere degli impegni e fare ciò che va fatto: il che prevede una lunga fila di opzioni”.

Adesso occorre aspettare il rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sul nucleare iraniano. Questo rapporto sarà pubblicato la prossima settimana e in quel momento occorrerà vedere come reagirà Israele. Gli iraniani, attraverso il ministro degli Esteri di Teheran, Ali Akbar Salehi, hanno già detto che il rapporto dell’Aiea è “contraffatto”. Il che presupporrebbe un rapporto d’accusa verso l’Iran. Ma è presto per fare queste affermazioni. Secondo il professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali nell’Università Cattolica di Milano, al momento siamo a una sorta di “teatrino”. “Stanno facendo un po’ tutti dichiarazioni, stanno preparando un po’ di pressione”.



Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, ha dichiarato a Radio Europe 1: “Un attacco creerebbe una situazione totalmente destabilizzante. Possiamo ancora inasprire le sanzioni, per fare pressione sull’Iran, e stiamo insistendo su questa linea perché un intervento militare porterebbe alla destabilizzazione dell’intera regione. Dobbiamo fare tutto per evitare l’irreparabile”.

E’ evidente che se si creasse una spirale di guerra, ci si troverebbe di fronte a una catastrofe. Il governo israeliano difficilmente potrebbe essere fermato in una sua azione militare contro i siti nucleari dell’Iran da qualsiasi potenza occidentale, persino dagli Stati Uniti. “Oggi i rapporti tra Israele e gli Stati Uniti sembrano ai minimi storici e Barack Obama non sembra un presidente così forte da impedire un’azione di Israele”, dice ancora il professor Parsi.



Tutto quindi dipenderà dal rapporto che l’Aiea renderà pubblico settimana prossima. Sarebbe nella zona militare di Parchin, a 30 chilometri da Teheran, che gli iraniani hanno sviluppato maggiormente la loro tecnologia nucleare mirata alla costruzione di armi nucleari. Gli iraniani avrebbero negato l’accesso nella base di Parchin agli ispettori dell’Aiea. Adesso, nel rapporto ci dovrebbero essere spiegazioni di tutto, con un’appendice di dodici cartelle, che confermerebbe, anche attraverso foto satellitari, l’installazioni di siti nucleari militari, cioè armi atomiche, non laboratori di energia nucleare da “vendere sul mercato internazionale” come sostiene Teheran.

Tuttavia, tutto questo, tutte le dichiarazioni, sia israeliane sia iraniane, fa ancora parte di una diplomazia aggressiva, non di una concitazione pre-militare. Anche il fatto che numerosi ministri israeliani, da sempre contrari a un attacco all’Iran, abbiano al momento cambiato posizione, non sposta i termini della questione attuale. Ci si trova nel bel mezzo di un gioco diplomatico “molto duro”. Con Israele che tiene alta la guardia e non si tira indietro di fronte a una minaccia nucleare nel Medio oriente. Dall’altra parte c’è l’Iran, che da tempo sembra uscito dalla scena e che ha desiderio di ritornarci, magari alzando il livello d’attenzione anche sulla lunghissima questione delle sue basi nucleari.

Una chiarificazione su tutta questa vicenda, che indubbiamente può mettere i brividi, si potrà avere solo settimana prossima, quando il rapporto dell’Aiea sarà pubblicato e discusso.