Ancora in attesa dei risultati ufficiali, i Fratelli musulmani proclamano già la loro vittoria nella prima fase della competizione elettorale egiziana. Dati ufficiali che si dovrebbero invece avere oggi. Stando al loro comunicato, che sembra comunque ampiamente veritiero, il Partito della Libertà e della Giustizia, l’organizzazione che rappresenta appunto lo schieramento dei Fratelli musulmani, nei nove governatorati dove si è votato due giorni fa avrebbe ottenuto il 50% delle preferenze. Segue il partito dei salafiti, altra organizzazione islamica, il Nour con il 20% dei suffragi. Nel dettaglio, nella grande metropoli di Alessandria i Fratelli otterrebbero il 24% delle preferenze. In tutto sono stati chiamati a votare in questo primo turno elettorale 17,5 milioni di elettori sui complessivi 50 con a disposizione 168 seggi. La differenza tra i due movimenti islamici che hanno fatto man bassa di preferenze starebbe nella maggior apertura democratica e laica dei Fratelli musulmani, contro l’integralismo dei salafiti che aspirano allo Stato islamico, uno Stato che dovrebbe strappare ogni trattato di pace e amicizia con Israele e chiudere le porte agli americani. In pratica, si prevede che le due organizzazioni si uniranno insieme per gestire il potere del nuovo Egitto. Non è andato invece oltre il 16% il partito liberale di centro sinistra, il Blocco egiziano guidato da un imprenditore cristiano, Naguib Sawiris: se i partiti islamici hanno preso il voto dei quartieri operai, i liberali hanno ottenuto maggiori riscontri in quelli residenziali. Come detto, è solo la prima fase di un voto che prevede fasi successive: una votazione così organizzata dai militari attualmente al potere per prendere tempo e stringere eventuali alleanze con i vincitori. Tra una settimana si andrà al ballottaggio nei governatorati dove si è votato lunedì, poi sarà la volta del resto del Paese che andrà al voto il 14 dicembre e ancora il 3 gennaio, a cui seguiranno anche qui i relativi ballottaggi. Un voto bizzarro, sicuramente poco democratico che permette di sapere in anticipo l’orientamento di larga parte del Paese.
Intanto Piazza Tahrir, epicentro delel manifestazioni contro il regime miltiare, non fa più notizia: ci sono ancora (pochi) dimostranti ma l’interesse nazionale ormai è tutto spostato sui risultati di questo primo turno elettorale.