Il ministro degli esteri Terzi ha incontrato oggi il presidente del Consiglio nazionale siriano – che si oppone al regime di Assad – attualmente impegnato in un giro di consultazioni internazionale. Ieri infatti Ghalioun aveva incontrato Hillary Clinton. Per il nostro ministro è necessario “indurire le sanzioni contro il regime”. La cifra di persone uccise (le stime ufficiali parlano di circa 4mila persone) dall’inizio delle manifestazioni contro Assad, secondo il presidente del Csn, è ormai di almeno 20mila caduti. Cifre impressionanti: per il ministro Terzi, l’Italia “continuerà a perseguire un’azione di facilitazione all’Onu per una risoluzione del Consiglio di sicurezza che chiarisca erga omnes questa impostazione di pressione economica sul regime”. Secondo il generale Jean, esperto di politica internazionale, contattato da IlSussidiario.net, “l’Italia si sta gradualmente adattando alle posizioni che stanno adottando i nostri alleati”. Uno scenario inquietante, quello siriano, in cui non si esclude l’opzione militare, visto l’appoggio russo sempre più esplicito al regime in carica.
Jean, secondo lei la posizione assunta dal nostro ministro degli Esteri, che non esita a sostenere molto più marcatamente i ribelli siriani di quanto facesse il precedente governo, è giustificata?
L’Italia è schierata sulle posizioni dei nostri alleati. La Clinton ha da poco incontrato il presidente del Csn, la Turchia appoggia fortemente la rivolta, la Francia come sempre da prima della classe voleva un embargo totale nei confronti della Siria sin dall’inizio delle rivolte. L’Italia segue l’idea che esistono dei principi generali dell’ordinamento internazionale che vanno rispettati dagli Stati e che se gli Stati non li rispettano, possono essere forzati da altre nazioni: è il diritto di ingerenza umanitaria. E’ una cosa del tutto logica e anche l’Unione europea è sulla stessa linea.
Visto il numero altissimo di morti e una situazione di guerra civile che ricorda quanto successo in Libia, ci potrà a questo punto essere un intervento militare occidentale?
Quello che sta succedendo in Siria è molto peggio di quanto accaduto in Libia. Quando noi siamo intervenuti in Libia, lo abbiamo fatto nella presunzione che Gheddafi avrebbe compiuto un bagno di sangue a Bengasi, strage che non c’è stata, nondimeno siamo intervenuti militarmente. In Siria secondo le valutazioni dell’Ou ci sono già stati 4mila morti e circa 25mila espatriati in Libano e Turchia, mentre continua la repressione da parte delle milizie fedeli al regime.
Chi sono queste milizie, chi le forma?
Oltre alle milizie alawiti, sono milizie sciite e milizie cristiane, in quanto gli alawiti sono sempre stati con il Partito Baath caratterizzato da un forte secolarismo.
Una situazione incandescente, dunque.
Molto, e preoccupa l’arrivo previsto fra circa un mese di una portaerei russa nel porto siriano di Tarkus. Il fatto che la Russia mandi una portaerei e che si sia opposta a qualsiasi sanzione e aiuto agli insorti, praticamente forza la mano agli Usa e al resto della comunità internazionale. Non è dunque da escludere che in particolare la Turchia cambi atteggiamento, anzi lo sta già cambiando, e se la Turchia fa un’azione militare sicuramente questo avviene con la benedizione e il supporto degli Starti Uniti.
Provi di contestualizzare questa crisi nello scacchiere mediorientale.
La Siria costituisce un anello fondamentale della cosiddetta mezzaluna sciita che dall’Iran attraverso il governo di Bagdad, non a caso filoiraniano, si spinge fino al Mediterraneo con gli ezbollah. Se dovesse saltare il regime di Assad, sicuramente verrà fuori un regime di carattere sunnita, di Fratelli musulmani per intenderci, così come si sta profilando in Egitto, sostenuto fortemente da Arabia e da Qatar. In tal caso l’Iran subirebbe una sconfitta notevole, anche perché il cambiamento di regime provocherebbe una minore influenza iraniana in Iraq dove gli sciiti rappresentano circa il 60 per cento della popolazione e i sunniti arabi sono solo il 20 per cento. Un cambiamento che influirebbe su tutti gli equilibri geo politici del Medio oriente e potrebbe preludere anche alla costituzione di un blocco sunnita che si oppone al blocco sciita.
E dunque?
La Siria costituisce il vero tallone d’Achille dell’Iran. Fino ad adesso gli sciiti erano all’attacco, hanno conseguito diversi successi grazie agli americani che hanno distrutto l’unico roccaforte che poteva opporsi all’Iran cioè l’esercito di Saddam Hussein, e stanno aumentando la loro influenza con il ritiro americano dall’Iraq. Adesso però sono in difensiva in Siria e proprio in Siria rischiano di subire una sconfitta notevole.
Come mai la Russia sostiene così apertamente la Siria?
La Siria ha rapporti ottimi con l’Iran che a sua volta è sostenuto dalla Russia. E’ sempre stata fedele alleato di Mosca anche durante la guerra fredda. L’alleanza fra Turchia e Israele era dovuta al fatto che sia l’esercito siriano che quello iracheno si rifornivano di armi russe ed erano considerati di fatto alleate dell’Urss.
Una miscela esplosiva, quella siriana, dettata dalle tante religioni che la compongono.
Il blocco che sostiene il regime, in particolare le minoranze che sono gli alawiti, circa il 7 per cento, gli sciiti il 10 per cento, i cristiani il 10 e i drusi il 3 è fatto di minoranze che lottano per la vita o per la morte. Quello che è successo a Gheddafi e ai suoi e che sta ancora continuando con le vendette in corso, sicuramente li ha istigati a combattere fino alla fine, cioè fino a quando hanno speranza di sopravvivere. Il Consiglio nazionale siriano, quelli dei ribelli, è molto radicale: la parola d’ordine dell’esercito della Siria libera è: gli alawiti sulle montagne, i cristiani in Libano. Di conseguenza i cristiani siriani temono di fare la fine che hanno fatto i caldei in Iraq o che stanno facendo i copti in Egitto. La cosiddetta primavera araba porterà verosimilmente dei regimi radicali sunniti molto più rigidi dei regimi secolari del partito Baath. Ricordiamoci che tra i fondatori di questo partito c’era un cristiano.