Il drammaturgo e primo presidente della Repubblica Ceca Vaclav Havel è morto oggi all’età di 75 anni dopo una lunga malattia. Artefice della “Rivoluzione di Velluto” del 1989 che mise fine al regime totalitario di Praga, Havel fu tra i promotori di Charta 77, la più importante iniziativa del dissenso in Cecoslovacchia. Oggi la sua portavoce, Sabina Tancevova, ha fatto sapere che Havel soffriva da tempo di problemi all’apparato respiratorio dovuti proprio ai tanti anni trascorsi nelle carceri comuniste. Lo scrittore e politico Ceco riuscì ad abbattere la presidenza del filosovietico Husak in modo pacifico, senza ricorrere alla violenza, portando la democrazia nel proprio Paese e gettando le basi per l’ingresso nell’Unione europea, che poi avvenne nel 2004. Appresa la notizia della scomparsa, la stessa Angela Merkel ha detto: «La sua dedizione alla libertà e alla democrazia è indimenticabile tanto quanto la sua grande umanità. Noi tedeschi abbiamo molto di cui ringraziarlo», mentre secondo Lech Walesa, politico e attivista che in Polonia svolse un ruolo analogo, Havel «è stato un grande teorico della nostra epoca e la sua voce mancherà enormemente all’Europa soprattutto ora che attraversa un periodo di profonda crisi». IlSussidiario.net ha contattato il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, per ricordare questo importante personaggio che, anche dopo la fine del suo mandato nel 2003, ha sempre continuato a battersi per i diritti dell’Uomo in Birmania, Cuba, Russia e Bielorussia. «Ho conosciuto Havel qualche anno prima della rivoluzione del 1989 grazie a don Francesco Ricci, straordinario personaggio che si teneva in contatto con intellettuali perseguitati e liberi dell’Est. Ricci aveva una piccola casa editrice dove sono state pubblicati i primi lavori di Havel, e tra l’altro il breve scritto “Il potere dei senza potere” fu un punto di riferimento non solo per chi lottava per la libertà nei paesi dell’Est, ma anche per gli altri che speravano in un rinnovamento spirituale in Occidente. Havel credeva che il regime si reggesse sulla menzogna più che sulla violenza, sull’annullamento dell’idea di verità, e che la novità dovesse cominciare non tanto con la lotta contro il regime, quanto con la costruzione di una società alternativa e parallela in cui i rapporti tra gli uomini fossero fondati sulla verità.
Havel era in rapporto stretto con i gruppi cristiani della Repubblica Ceca, della Polonia e della Slovacchia, dove questa idea era uscita fuori in modi diversi. Io l’ho conosciuto tramite appunto don Ricci, e ha lasciato in tutti noi un’impronta straordinaria: Havel rischiava sé stesso nella lotta per la verità, e infatti molto spesso veniva messo in galera, così il movimento di Comunione e Liberazione si mobilitava, inviando centinaia di migliaia di cartoline al presidente della Repubblica cecoslovacca per chiederne la liberazione. Questa azione era in realtà temuta perché si andava a intasare l’ufficio postale della presidenza, e così si creò quasi un tira e molla tra loro che spesso lo mettevano dentro e noi che lo facevamo liberare. Havel era vicino al gruppo di Charta 77 che, sempre senza violenza e in modo pacifico, metteva in campo una serie di azioni di rivendicazione dei diritti che mettevano costantemente il regime davanti alla propria menzogna». Rocco Buttiglione vuole poi concludere con un episodio che «ormai ricordano tutti perché fu molto particolare: quando Giovanni Paolo II visitò per la prima volta Praga, all’aeroporto lo aspettava Havel che nel frattempo era stato fatto presidente della Repubblica cecoslovacca, il quale iniziò il suo discorso dicendo: «Non so se esistono i miracoli, ma il fatto di poter ricevere oggi qui il Papa è sicuramente un miracolo».
(Claudio Perlini)