«Arabia Saudita, Qatar e Kuwait stanno spendendo miliardi di dollari per finanziare i fondamentalisti egiziani come salafiti, jihadisti e Fratelli musulmani. Quella che è in corso è una enorme guerra all’interno di tutto il mondo islamico, tra due opposti modelli politici, religiosi e culturali. L’Occidente se ne deve rendere conto e scegliere con chi stare, prima che sia troppo tardi». A sostenerlo è Wael Farouq, professore di Lingua araba all’American University del Cairo, intervistato da Ilsussidiario.net in una delle fasi più drammatiche della vita del suo Paese. Ieri in piazza Tahrir si è registrato il quinto giorno consecutivo di scontri, nel corso dei quali 13 giovani sono stati uccisi dall’Esercito. Un’escalation di violenza alla vigilia della giornata elettorale di oggi in cui si tornerà a votare per il Parlamento. La vittoria dei partiti islamici è data per scontata, e per i cristiani la situazione si sta facendo ogni giorno più difficile. Farouq cita lo sceicco salafita Yasser Burhani, che ha dichiarato con perfida ambiguità: «Odio i cristiani, ma rispetterò i loro diritti».



Anche ieri abbiamo visto il sangue scorrere in piazza Tahrir. Perché in Egitto la violenza non accenna a placarsi?

Negli ultimi cinque giorni a scendere in piazza Tahrir sono stati dei giovani liberali e socialisti. Sono in poche centinaia e hanno organizzato dei sit-in contro la designazione a primo ministro di Kamal Ganzouri. Durante le proteste un ragazzo è stato rapito dall’Esercito e torturato per ore, quindi il suo corpo è stato gettato all’esterno dell’edificio del Parlamento. A quel punto è iniziato il lancio di pietre contro i militari asserragliati nel Palazzo.



Intanto le elezioni hanno visto la disfatta dei liberali e il trionfo degli islamisti. Come commenta questo risultato?

I partiti islamici, dopo avere vinto il primo livello delle elezioni, vinceranno certamente anche il secondo livello i cui ballottaggi si terranno oggi. All’interno dello schieramento liberale occorre però fare una distinzione. I partiti legati all’ex regime, come Al-Wafd, hanno preso solo il 2% dei voti. I partiti dei giovani di piazza Tahrir, coalizzati nel Blocco Egiziano, hanno invece ottenuto il 18% riuscendo a conquistare nei quartieri del Cairo dove vive la borghesia, come il centro storico, Heliopolis, Nasr City e Zamalek. Inoltre nel corso delle elezioni sono avvenute diverse irregolarità, in quanto i rappresentanti dei partiti islamici hanno potuto fare propaganda all’interno di tutti i seggi elettorali senza che le autorità facessero nulla per fermarli.



I Fratelli musulmani, veri vincitori delle elezioni, assicurano di volere uno Stato laico e uguali diritti per i cristiani (vedi https://www.ilsussidiario.net/news/esteri/2011/12/20/egitto-hussein-fratelli-musulmani-nessuna-distinzione-tra-noi-e-i-cristiani/230330/ ). Ritiene che siano sinceri?

Per quanto riguarda i diritti dei cristiani, possono essere protetti innanzitutto dagli stessi cristiani. E’ molto triste vedere un’enorme percentuale dei copti che si sono astenuti alle elezioni. Se i cristiani non fanno nulla per se stessi, nessuno lo farà al loro posto. Per quanto riguarda invece i Fratelli musulmani, sono molto differenti dai salafiti. Il loro obiettivo non è quello di opprimere i cristiani egiziani e ritengo che saranno di gran lunga migliori del regime di Mubarak, che bombardava le chiese per creare il caos nel Paese, come è accaduto ad Alessandria quasi un anno fa. Quantomeno, possiamo essere certi del fatto che i Fratelli musulmani non arriveranno mai a questo. Il vero problema è un altro.

A che cosa si riferisce?

Al rischio di un’alleanza tra i Fratelli musulmani e i salafiti dopo le elezioni. In questi giorni mi sono incontrato personalmente con alcuni dei loro leader, i quali mi hanno raccontato che dopo le elezioni il loro Partito Libertà e Giustizia, legato ai Fratelli musulmani, si alleerà con i liberali. Tutto questo però non è vero. Se guardiamo a ciò che sta avvenendo le elezioni, che si concluderanno il 10 gennaio, i Fratelli musulmani e i salafiti sono stati degli stretti alleati.

Che cosa vogliono i salafiti?

Per rispondere, basta citare quanto dichiarato dal loro leader, lo sceicco Yasser Burhani: “Odio i cristiani, ma rispetterò i loro diritti”. Quale può essere la credibilità di un leader politico che fa affermazioni come questa? La contraddittorietà di questa frase è evidente a tutti, come si possono infatti difendere dei diritti nei quali non si crede? Il vero pericolo in Egitto è rappresentato quindi dal partito salafita e dalla sua alleanza con i Fratelli musulmani. Questi ultimi sono molto più moderati, con loro sono possibili il dialogo e il compromesso, mentre con i gruppi salafiti è completamente differente: per loro tutto, dalla religione alla politica, ha sempre un carattere dogmatico ed è quindi impossibile discutere.

Chi c’è realmente dietro ai salafiti?

Tre potenze straniere, Qatar, Arabia Saudita e Kuwait, le quali stanno spendendo miliardi di dollari per finanziare i fondamentalisti come i salafiti, i jihadisti e i Fratelli musulmani. Queste somme stanno garantendo ai partiti islamisti un grande vantaggio nel corso delle elezioni. Noi liberali non ci aspettiamo analoghe somme di denaro dall’Occidente, ma vogliamo che gli Stati Uniti e i Paesi europei facciano pressioni politiche su Qatar, Arabia Saudita e Kuwait, che almeno ufficialmente sono alleati della Nato, affinché smettano di finanziare i gruppi radicali.

Ma l’Islam non è uguale in tutti i Paesi musulmani?

Non è così, tanto è vero che ci troviamo nel bel mezzo di una guerra culturale: i sauditi stanno facendo di tutto per diffondere l’Islam wahabita, che è un autentico pericolo in grado di minacciare non solo l’Egitto ma tutto il mondo. Chi vuole sostenere la rivoluzione egiziana e i valori liberali nel mondo arabo, dovrebbe fermare questo enorme flusso di petrodollari che dalla Penisola arabica raggiunge l’Egitto. Anche se nessuno dei media occidentali ne parla.

Qual è l’obiettivo per il quale i Paesi del Golfo spendono somme così ingenti per finanziare i salafiti?

Le ragioni sono di natura geopolitica. L’Egitto per tradizione è il Paese musulmano più moderato, nonché il fulcro di tutto il Medio Oriente. L’insieme di questi due elementi ha fatto sì che la moschea di Al-Azhar al Cairo diventasse la massima autorità religiosa del mondo islamico. Grazie a questa guida moderata, l’Egitto ha raggiunto livelli artistici d’eccellenza in letteratura, cinema, pittura e musica, le vere “armi” grazie a cui il nostro Paese ha “dominato” per decenni il Medio Oriente. Se i wahabiti vinceranno, l’Egitto perderà tutto questo, perché le arti figurative sono vietate dall’interpretazione restrittiva del Corano. Con il trionfo dell’Islam wahabita inoltre, le massime autorità religiose del mondo musulmano diventerebbero gli imam sauditi, mentre gli imam moderati di Al-Azhar perderebbero tutta la loro autorità.

E’ quindi una guerra religiosa all’interno del mondo arabo?

Più che religiosa, la definirei una guerra tutta politica per decidere quale Stato dominerà il Medio Oriente nei prossimi decenni. I Paesi del Golfo sono convinti del fatto che l’attuale fase rappresenti un’occasione d’oro per assumere il controllo del governo egiziano. Se ci dovessero riuscire, gli effetti sarebbero nefasti non solo per il Mediterraneo, ma per tutto il mondo.

In che senso?

L’Islam moderato, che è parte inscindibile dell’identità egiziana, è l’unica garanzia del dialogo e dell’armonia tra i popoli arabi e l’Occidente. L’Islam wahabita al contrario vede un nemico in tutto ciò che è diverso. Purtroppo però i media occidentali danno grande risonanza anche al minimo incidente che avviene in Egitto, mentre non fanno il minimo caso al fatto che ogni giorno nei Paesi del Golfo gli imam wahabiti attaccano i cristiani, definendoli nel migliore dei casi come “miscredenti”.

(Pietro Vernizzi)