L’Egitto, sotto il profilo del fondamentalismo islamico, rischia di prendere una brutta piega. I salafiti di al-Nour, il partito che ai primi due turni delle elezioni ha ottenuto più voti dopo Libertà e Giustizia dei Fratelli Musulmani, chiede che la sharia diventi, nella nuova Costituzione, la fonte principale del diritto. «Si tratta di capire se si determinerà semplicemente un richiamo formale alla legislazione islamica, o se si deciderà di considerare la sharia la principale fonte di legislazione, se non l’unica», spiega, illustrando i possibili risvolti, Marco Olivetti, professore di Diritto costituzionale all’Università di Foggia raggiunto da ilSussidiario.net. In ogni caso, a scanso di equivoci, è bene sgomberare il campo dai dubbi relativi a un’obiezione sollevata da molti. Non rappresenterebbe, infatti, un’operazione commensurabile al tentativo di far sì che la Costituzione europea menzioni le radici cristiane: «Queste – continua Olivetti – rientrano nel dibattito relativo ai valori che caratterizzano i Paesi dell’Unione europea e la loro storia. Quando l’Europa ha provato a dotarsi non solo di trattati, ma di una carta fondamentale, occorreva capire da dove i diritti principali che all’interno dei suoi confini sono riconosciuti derivassero».
Nel caso della sharia, le conseguenze giuridiche rischiano di essere decisamente più incisive. «Ad esempio, un conto è dare tutela giuridica, in cui ci si richiama alla sharia, a delle persone che condividano la medesima religione, intendano risolvere una controversia e siano d’accordo nel risolverla affidandosi a delle leggi che riconoscano la propria religione; la cosa sarebbe ben diversa se il richiamo fosse vincolante anche per i non musulmani». Altre condizioni rendono la questione sfaccettata: «Servirebbe capire come i tribunali la applicherebbero o le tecniche giuridiche utilizzate. Del resto, la sharia non rappresenta un fenomeno unitario, ma varia a seconda delle scuole giuridiche prese in considerazione. Se, di per sé, potenzialmente, ci sono motivi di preoccupazione, sono svariate le modalità secondo cui si potrebbero concretizzare». Il nocciolo della controversia è uno soltanto: «L’importante è che il richiamo si inserisca in un quadro di tutela dei diritti fondamentali per tutti, in particolare per le donne che rischiano di essere le più svantaggiate».
Benché ogni nazione vanti usi, costumi, consuetudini e tradizioni differenti, vi sono, infatti, una serie di principi globalmente riconosciuti: «Uno standard di riferimento per i diritti inderogabili è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ovviamente, il problema è la sua applicabilità ed efficienza giuridica. Nessun organismo potrà mai definire illegittimo, sotto il profilo giuridico, la Costituzione di uno stato sovrano, ma, per lo meno, potrà farlo sotto quello politico e morale».