MOSCA – Più di cento milioni i russi chiamati alle urne per rinnovare la Camera Bassa del Parlamento. Ha votato circa il 50%, più o meno come quattro anni fa. E come quattro anni fa, fino a ieri sembrava che nessuno si aspettasse qualcosa, erano in molti pronti a scommettere sul risultato finale, un 65% pulito per Russia Unita, il partito di Putin, e a ribadire che la Russia e la democrazia sono due cose che non stanno insieme.
Ora invece, in tarda serata moscovita, lo scenario sembra improvvisamente cambiare: confermando le proiezioni e gli exit poll, già all’inizio delle operazioni di scrutinio si segnala la brusca caduta di Russia Unita dal 64% del 2007 al 48,5. Non solo quindi, il partito al potere non otterrebbe i due terzi che gli consentirebbero di modificare la Costituzione, ma non arriverebbe neppure alla maggioranza, ottenendo 220 seggi su 450 contro i 315 delle precedenti legislative. D’altro canto, sembrano pressoché raddoppiare i comunisti e il partito di centro-sinistra «Russia Giusta», che passano rispettivamente dall’11,57 al 19,8%, e dal 7,7% al 14,1%; e crescono anche i nazionalisti di Vladimir Žirinovskij, dall’8,1% del 2007 all’11,4%.
Certamente non ha contribuito alla popolarità dei due leader di Russia Unita il balletto di cariche, per cui alle presidenziali di marzo si presenterà lo stesso Putin, ora primo ministro, mentre il suo posto verrebbe preso dall’attuale capo di Stato Dmitrij Medvedev. Non è un caso che l’audience di Putin sia sceso negli ultimi mesi dall’80 al 61%, e quello di Medvedev dal 77 al 57%.
Ma il risultato, che vede comunque vincente Russia Unita, va al di là degli esiti numerici. È la vittoria della società, del cittadino, che è riuscito a far sentire la propria voce, ad esprimere il proprio volere: è questo che sorprende gli stessi russi, che credevano più forte la macchina del potere. Eppure sono stati messi in atto massicci brogli e pressioni (denunciati dai partiti all’opposizione), è stato bloccato LiveJournal, la principale piattaforma blog del Paese, e almeno tre siti internet indipendenti sono stati messi fuori uso per la giornata delle votazioni, alcune centinaia i fermati per dimostrazioni illegali a Mosca, Pietroburgo e in altre città russe. Segno che il potere ha fatto la sua parte, ma non è riuscito a vincere la partita. Dietro il paese virtuale, visto con gli occhiali di mass media e corridoi del potere, esiste dunque un’altra Russia, che non rinuncia ad esprimersi e a rischiare nonostante intimidazioni e clientelarismi. E il potere da oggi dovrà farci i conti, bisognerà ricominciare a governare creando coalizioni, trovando accordi, esprimendo la volontà dei cittadini. Non serve il crollo di nessuno, ma una collaborazione responsabile, di tutte le forze reali in gioco.



Per la verità, qualche sintomo di debolezza, di timore il sistema l’aveva dato: una decina di giorni fa, per la prima volta in assoluto Vladimir Putin è stato platealmente fischiato sul ring dello stadio Olimpijskij di Mosca mentre al microfono si stava congratulando con il vincitore di un incontro di arti marziali. Il video di due minuti ha fatto il giro del mondo prima che venisse ritirato e «ripulito» dell’inopportuno sonoro. Il servizio stampa di Putin ha ritenuto doveroso intervenire con esaurienti spiegazioni, ma la gente, intanto, ridacchiava soddisfatta: un’audacia di questo genere non si era mai vista. E si moltiplicano salaci barzellette in stile brežnieviano.
Qualche mese fa da un ponte sulla Moscova, in centro città, è stato srotolato un enorme striscione che vedeva Putin dietro le sbarre, e in giacca e cravatta Michail Chodorkovskij, l’oligarca che, probabilmente considerato un pericoloso concorrente al potere, è da anni rinchiuso in un lager dell’Estremo Oriente. Sotto i due personaggi la scritta: «È ora di scambiarsi». E i timori dell’attuale leadership nei confronti di Chodorkovskij continuano a essere tali che un documentario su di lui, girato dal tedesco Cyril Tuschi, in questi giorni è stato «volontariamente» respinto, una dopo l’altra, da tutte le sale cinematografiche di Mosca.
La violenza ha sempre, come rovescio della medaglia, la paura – paura di perdere il potere, di perdere il controllo della situazione. Le elezioni di oggi, forse, hanno liberato da queste paure i leader di Russia Unita, che hanno perso il monopolio del potere e ora possono rimettersi in gioco, far vedere quanto valgono ed essere giudicati su quanto propongono.

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