Nel dicembre di quattro anni fa veniva assassinata in Pakistan Benazir Bhutto, carismatico premier pakistano, sulla cui figura si innervavano le speranze di rovesciare la giunta militare presieduta dal presidente Musharraf.
La Bhutto, vincendo le elezioni del 2006, era rientrata in Pakistan dopo un lungo esilio.

I sospetti, ovviamente, sono immediatamente caduti su Musharraf, considerato il mandante morale della bomba che uccise il premier. Nel frattempo il presidente è stato comunque sollevato dal suo incarico, e vive in esilio in Gran Bretagna. Il tribunale di Rawalpindi, che si occupa di antiterrorismo, ha oggi stabilito che Musharraf ebbe responsabilità dirette nella morte di Bhutto, e ostacolò attivamente le indagini che impedirono di risalire in modo chiaro agli autori della strage.
Il ministro dell’Interno ha sempre affermato che ad uccidere il premier fu una lastra metallica del veicolo in cui viaggiava, contro la quale fu scagliata al momento dello scoppio della bomba.



Ma un filmato di una camera a circuito chiuso, le cui immagini sono state passate al vaglio decine e decine di volte, dimostrerebbe che sarebbe stato un cecchino a colpire l’ex premier alla testa.

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Secondo il tribunale, che ha spiccato un mandato di cattura internazionale nei confronti di Musharraf, l’ex presidente sostituì proprio quel giorno il capo della scorta che doveva vigilare sulla sicurezza della Bhutto.



 

Inoltre diede espresso ordine alla polizia di ripulire immediatamente il luogo della strage, in modo da impedire i rilievi del caso.
La sentenza sarà difficilmente esecutiva, considerando le norme sull’estradizione che regolano i rapporti anglo-pakistani.

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