Il gruppo “17 febbraio” presente su Facebook ha avvisato l’Italia e La UE che le forniture di gas dalla Libia sono a rischio. Il gruppo è espressione dei manifestanti anti Gheddafi e il motivo della ritorsione, come scrivono sul social network, è la posizione dei paesi europei nei confronti della crisi libica: «Dopo il silenzio che avete osservato sui massacro perpetrato da Gheddafi, abbiamo deciso di tagliare il gas libico che parte dal campo d Al Wafa e che passa per la nostra regione verso l’Italia e il nord dell’Europa attraverso il Mediterraneo».
Intanto la Libia sprofonda sempre di più nella violenza. Nuovi attacchi aerei questa mattina su alcuni quartieri di Tripoli. Secondo le fonti «mercenari» sparano sui civili in città. La pista dell’aeroporto di Bengasi è distrutta dai bombardamenti e dagli scontri. L’ International Coalition Against War Criminals, una rete di organizzazioni non governative formatasi nel 2009 per monitorare il conflitto israelo-palestinese, riferisce che dall’inizio delle proteste ci sono stati 519 morti, 3980 feriti e 1500 dispersi. Il bilancio è riportato dall’emittente araba al jazeera. La televisione di stato propone messaggi di propagando pro Gehddafi. «Dicono che ci sono massacri in numerose città, paesi e sobborghi della Libia, ma noi dobbiamo combattere contro simili menzogne e illazioni, che fanno parte di una guerra psicologica», dice una sovrimpressione mandata in onda durante la programmazione sul canale ’al-Jamahiriya 2’. Simili asserzioni, ha quindi insistito l’emittente di regime, «puntano a distruggere il nostro morale, la nostra stabilità e le nostre ricchezze».
La stessa televisione pubblica aveva peraltro riferito qualche ora prima di «assalti» delle forze di sicurezza a un presunto «covo di terroristi». Il capo di stato maggiore, Abu-Bakr Yunis Jabir, agli arresti domiciliari dopo essere passato dalla parte dei rivoltosi, conferma la divisione presente nell’esercito libico. Defezioni a macchia d’olio invece per i diplomatici libici nel mondo: dopo le dimissioni ieri dell’ambasciatore di Tripoli presso la Lega Araba, ha lasciato la delegazione libica all’Onu e il numero due della missione Ibrahim Dabbashi ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito «un genocidio». Ma anche diplomatici in Cina, Regno Unito Polonia, India, Indonesia, Svezia e Malta, hanno abbandonato Gheddafi.