Gli scontri di ieri hanno provocato dieci morti e 1500 feriti. I manifestanti pro-Mubarak sarebbero dei picchiatori professionisti pagati per aggredire i protestanti.

E’ tragico il bilancio degli scontri avvenuti ieri in piazza Tahrir tra i manifestanti pro-mubarak e gli oppositori del regime. Sono dieci i morti e 1500 i feriti. A quanto è emerso, stando alle denunce giunte da più parti, i sostenitori del Rais non erano cittadini schierati, ma picchiatori professionisti pagati. Ieri hanno fatto irruzione in piazza in sella a dei cavalli o a dei cammelli e hanno caricato i manifestanti muniti di coltelli e – secondo alcuni .- armi semiautomatiche.



Secondo il leader dell’opposizione, l’ex direttore dell’Aiea e Nobel per la pace El Baradei si trattava di poliziotti in borghese. In ogni caso, a quanto riferisce una fonte dell’agenzia di stampa al Cairo La presse, i picchiatori sono stati ingaggiati per aggredire i manifestanti e pagati «tra i 40 e 100 dollari a seconda della zona» da funzionari governativi del partito di Mubark . Intanto, la tensione non accenna a diminuire. Si teme che oggi ci saranno nuovi sanguinosi scontri.



CLICCA >> QUI SOTTO PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO

A quanto riferisce Al Arabiya, i seguaci di Mubarak armati di «bastoni e coltelli», stanno nuovamente dirigendosi verso piazza Tahrir per dar vita ad un ennesimo bagno di sangue. L’esercito sta tentando di organizzare una zona cuscinetto per impedire che le due fazioni tornino a contatto.

 

La richiesta unanime dei manifestanti continua ad essere l’abbandono immediato del potere da parte di Mubarak; non è contemplata l’ipotesi di guida del governo fino alle prossime elezioni di settembre. «Le violenze di ieri sono l’ennesima prova che il regime ha perso il senso comune», ha dichiarato ElBaradei. «Non abbiamo alcuna intenzione di avviare un dialogo con questo regime finché il principale responsabile di tutto ciò, Mubarak, non lascerà il paese. Deve andarsene. Ha ricevuto un voto di sfiducia da tutto il popolo egiziano, spero che abbia l’intelligenza di capire che per lui è meglio lasciare ora prima che il paese crolli, economicamente e socialmente».