Anche per quest’anno Pachenco è “resuscitato” grazie a una bella sorsata di rum cubano. Come succede ogni 5 febbraio dal lontano 1984. Il suo funerale va in scena con tanto di bara, sacerdote, vedova in lacrime e arrivo al cimitero. Poi però il morto si rialza rianimato dall’alcol e si mette a ballare la rumba con la cittadinanza del luogo. Fa molto discutere la tradizione di Santiago de las Vegas, paesino alle porte di L’Avana, capitale di Cuba.
Qui si scherza con la morte, mica quisquilie. Ma per gli abitanti del posto è solo un gioco. Un modo per irridere la fine della vita terrena e forse esorcizzarla. Anche se c’è chi la definisce semplicemente una “festa di ubriaconi”. Lo scorso 5 febbraio la farsa è andata ancora una volta in scena per le vie della città. Pachenco si è sdraiato nella bara, sistemata in un carro funebre trainato da un trattore. Dietro di lui, il corteo. Con il finto sacerdote che esercita la funzione armato di una bottiglia di rum e l’altrettanto finta vedova che si straccia le vesti e grida come un’ossessa. “Ahi, che dolore, mio marito se ne è andato e mi ha lasciato sola”.
Intorno, la gente si scatena in danze al ritmo della musica suonata da un complesso che segue la cerimonia funebre in tutto il suo percorso. Canzoni popolari cubane (soprattutto la rumba), squilli di tromba, colpi di tamburo e alcol a fiumi. I paesani si divertono e invitano Pachenco a tenere gli occhi chiusi per rendere il tutto più verosimile, mentre il “morto” non resiste alla tentazione di mettere fuori la testa, sbirciare tra la folla e salutare con la mano.
Il funerale arriva infine al cimitero e qui si consuma il rito: prima viene suonata la marcia funebre, dopo viene consegnata a Pachenco una bottiglia di rum. Lui fa una bella sorsata, quindi finge di rinvenire, esce dalla bara e si mette a ballare come un ossesso insieme al popolo. La vedova e il sacerdote brindano di gusto e si uniscono alle danze.
La morte è sconfitta un’altra volta. E la festa continua. Dove nasca questa singolare cerimonia è cosa ancora ignota. C’è chi la fa risalire all’anniversario del Liceo locale (una sorta di centro sociale che ha colto l’eredità degli antichi centri di Istruzione e Intrattenimento che avevano funzioni educative, culturali e patriottiche), chi al carnevale, chi ancora a una pièce teatrale del 1901 chiamata “Il funerale di Pachenco” che è molto nota a Cuba. Alvaro Hernandez, presidente del Liceo di Santiago de las Vegas, si vanta di aver partecipato alla creazione dell’evento.
“All’inizio pensavo che l’idea fosse una pazzia – ammette ai giornalisti di Efe che lo intervistano -. Poi però ho visto che ha dato incredibili risultati e mi sono dovuto ricredere”. La sua versione sulla nascita del finto funerale è in realtà un po’ confusionaria. Hernandez racconta di come tutto sia nato da una chiacchierata informale all’interno di membri del Liceo.
Si cercava un modo goliardico per festeggiare l’anniversario del Liceo stesso e il Carnevale del popolo, così a qualcuno venne in mente l’opera “Il funerale di Pachenco”, dove si parla di quest’uomo (Pachenco appunto) che viene creduto morto e seppellito, ma poi resuscita. Così nel 1984 venne rappresentato per la prima volta in paese il finto funerale di Pachenco. Il primo a vestire i panni del “morto” fu un lustrascarpe conosciuto da tutti con il nome di Blanco.
L’uomo ogni 5 febbraio, fino al 2009, entrava nella bara e dava inizio alla cerimonia. Pardon, alla festa. Finché poco meno di due anni fa il povero Blanco non ci è finito davvero seppellito al cimitero. L’anno seguente al Liceo di Santiago de las Vegas ci si pose l’interrogativo su chi potesse interpretare Pachenco. Venne scelto un uomo, che però si spaventò a tal punto, durante il cammino verso il cimitero, da scappare urlando dal feretro prima ancora dell’arrivo al campo santo.
Cosa che non piacque particolarmente ai suoi compaesani. E nemmeno alla sua famiglia, che gli vietò di vestire di nuovo i panni di Pachenco. Non fu l’unico intoppo. Hernandez ricorda che “una volta il corteo incrociò un funerale vero e si dovette interrompere la festa per rispetto verso chi era morto sul serio”. Ecco perché ora gli organizzatori consultano prima le autorità del cimitero per evitare imbarazzanti inconvenienti di siffatta risma. Per accontentare gli abitanti e dare un diversivo, il percorso della festa viene modificato ogni anno.
Dopo l’evento mal riuscito del 2010, quest’anno si riproponeva il problema di scegliere un nuovo Pachenco. Hernandez riferisce di come ci fosse la fila di vecchietti disperati pronti a interpretare il personaggio. Ma la cosa non è da tutti: le divertenti messe in scena di Blanco erano ancora nel cuore della gente e serviva qualcuno in grado quantomeno di avvicinarsi a quelle recite. Alla fine è stato scelto Divaldo Aguilar, 46enne del posto, celebrato da tutti per le sue arti istrioniche. La cerimonia è andata a buon fine e il Pachenco del 2011 alla fine ha commentato divertito: “Per me è solo un gioco”. Magari di cattivo gusto.