L’Egitto del post Mubarak vive un momento di grandi aspettative, ma anche di grande confusione. Per tutta la giornata di ieri si sono rincorse notizie confuse e in continuo aggiornamento su alcuni incidenti scoppiati nella notte precedente che avrebbero coinvolto cristiani copti e musulmani, secondo alcune fonti musulmani salafiti. Le fonti, in maggior parte provenienti dalla televisione araba Al Jazeera, parlavano di almeno dieci morti (di cui otto cristiani) e una cinquantina di feriti. Il numero dei morti e dei feriti veniva di continuo cambiato a seconda di chi pubblicava la notizia. Una situazione incerta che testimonia la situazione egiziana in queste prime settimane dopo il crollo del regime al potere per un trentennio. Così confusa che, raggiunto al telefono da IlSussidiario.net, Wael Farouq (docente di Arabo all’American University egiziana e vicepresidente del Meeting del Cairo) in un primo momento assicurava che, da quanto comunicavano fonti governative, in realtà non ci sarebbe stato nessun morto. Purtroppo Farouq doveva venir smentito: in serata lui stesso confermava che il numero dei morti era di tredici persone.
Incidenti che hanno preso vita nel quartiere di Moqattam, uno dei più poveri del Cairo e a larga maggioranza cristiana, in seguito all’incendio di una chiesa cristiana a Atfih, paesino a una cinquantina di chilometrica Cairo, la scorsa settimana. Per giorni i cristiani copti hanno occupato una piazza del quartiere davanti agli studi della radio e televisione pubblica per manifestare e chiedere l’immediata ricostruzione della chiesa. Poi ieri notte gli incidenti, scoppiati secondo alcuni per un attacco di musulmani salafiti, secondo altre voci in seguito al blocco di una importante arteria stradale da parte dei copti, fatto che ha suscitato l’ira feroce degli automobilisti. Tanto è vero che, come riporta l’agenzia France Press, un musulmano è rimasto ucciso mentre tentava di proteggere i cristiani. Ma chi c’è allora dietro questi scoppi di violenza? Da chi voleva difendere i cristiani il musulmano rimasto ucciso? Per Wael Farouq l’ipotesi è molto chiara: si tratta di infiltrati fedeli al deposto presidente Mubarak che cercano di far precipitare l’Egitto in una guerra civile. Una ipotesi che in serata ha trovato conferma nelle dichiarazioni di un sito cristiano copto che rivelava che un informatore dei servizi di sicurezza dello Stato aveva aizzato gli abitanti di Atfhi a incendiare la chiesa. Stesso comunicato da parte dei Fratelli Musulmani che hanno accusato il partito dell’ex Presidente Mubarak e il servizio investigativo del ministero degli Interni di essere all’origine degli scontri di ieri notte.
Professor Farouq, cosa c’è dietro questo nuovo scoppio di violenze fra cristiani e musulmani in Egitto? In una precedente conversazione ci aveva detto che la convivenza tra le due religioni in Egitto è pacifica e che le violenze erano da imputare al regime di Mubarak.
E infatti è così. Quello che sta succedendo in queste ultime ore in Egitto va capito nel contesto della fine del regime di Mubarak. Dietro a questi incidenti, dietro all’episodio della chiesa data alle fiamme si celano gli agenti provocatori al servizio della controrivoluzione. Personalmente, anche se è da verificare visto lo stato confuso delle notizie a disposizione, non ritengo che siano coinvolti musulmani salafiti in questi incidenti come invece hanno riportato tutti i media, riprendendo le news di Al Jazeera. Il fatto da comprendere è che se Mubarak è caduto, il suo sistema di potere non è ancora crollato del tutto e molti dei suoi uomini sono ancora attivi.
E quale sarebbe il loro scopo, nel fomentare questi incidenti?
Uno solo: destabilizzare l’Egitto, portarlo al collasso con una guerra civile o comunque creando una situazione così insostenibile da richiedere il ritorno al potere di Mubarak e dei suoi uomini. La convivenza tra cristiani e musulmani in Egitto è più vitale che mai, ma ci sono in azione membri della ex polizia segreta di Mubarak che stanno creando ad arte questa situazione così da portare le comunità cristiana e musulmana allo scontro.
Che prove ci sarebbero di tutto questo?
Tante. Dopo la caduta di Mubarak è stato possibile prendere possesso di migliaia di documenti della polizia segreta. Ebbene, in moltissimi di questi documenti era scritto nero su bianco di perseguitare i cristiani. Quello che io le avevo detto nella nostra precedente conversazione, quando sottolineavo la responsabilità del governo di Mubarak nelle violenze e nel tragico attentato di fine anno nella chiesa copta. Le cito poi il massacro di animali che fu effettuato tempo fa in Egitto, quando si diffusero voci di influenza suina in Egitto. Furono fatti uccidere dal governo 500mila suini, un danno enorme per l’economia. Ma per l’economia dei cristiani, che sono i soli in Egitto per motivi religiosi ad allevare i maiali. Fu una strage architettata appositamente per colpire la comunità cristiana. Se io avessi detto quello che le sto dicendo adesso al tempo di Mubarak, sarei stato arrestato.
Dunque la realtà egiziana in questo periodo dopo Mubarak è estremamente incerta.
Durante i giorni della rivolta, quando Mubarak era ancora al potere, furono scarcerati centinaia di criminali per creare un clima di insicurezza nella popolazione. Questi criminali sono ancora in giro per le strade, la polizia non fa nulla per fermarli. La polizia è sempre stata coinvolta con il potere di Mubarak. Non esiste alcuna garanzia di sicurezza nelle strade delle città egiziane in questi giorni.
Che idea si è fatto degli incidenti dell’altra notte al Cairo?
Le notizie sono estremamente confuse, ma di una cosa sono sicuro, non ci sono stati incidenti tra cristiani e musulmani, se non provocati ad arte dai controrivoluzionari. Ho visto con i miei occhi una donna cristiana soccorrere un musulmano in gravi condizioni e offrirgli da bere. So per certo che insieme ai cristiani che protestano in piazza ci sono anche i musulmani che li sostengono. Il grande imam di Al Azhar il più prestigioso centro teologico sunnita, Ahmed el Tayyeb, ha condannato l’incendio della chiesa copta e si è incontrato con il vescovo locale. Può essere che i morti di queste ore siano dovuti alle cariche delle forze dell’ordine, che mi risulta abbiano anche aperto il fuoco, per disperdere i manifestanti dopo che avevano bloccato una strada importante. La cosa positiva è che i manifestati sono riusciti a ottenere la scarcerazione di un prete copto che era stato arrestato tre anni fa dal regime di Mubarak.
Come si potrà evolvere la situazione?
Abbiamo molta fiducia nell’esercito. Siamo certi di quello che hanno detto, di non voler detenere il potere ma di voler guidare il paese in una transizione verso la democrazia non appena ci saranno le condizioni per una amministrazione gestita da personalità politiche civili. Il problema grosso oggi è la gestione dell’ordine pubblico. Oltre ai criminali in giro per le strade e agli agenti controrivoluzionari, bisogna anche mettere ordine alle tante manifestazioni popolari. Da quando è caduto Mubarak la gente continua a manifestare per qualunque tipo di esigenza, la casa, la disoccupazione… E’ ovvio che non si può continuare così, anche perché vista la situazione c’è sempre il rischio che le manifestazioni sfocino in violenze, come è appunto accaduto. Ci sono comunque tanti segnali positivi. Wael Ghonim, l’uomo che ha guidato la rivoluzione contro Mubarak attraverso Internet, ha chiesto di proclamare questo venerdì il “giorno della rivoluzione interconfessionale”, in cui chiese e moschee vengano unificate da bandiere egiziane. Io sono molto fiducioso che la rivoluzione egiziana porterà un grande futuro di libertà al nostro Paese, così come accadrà presto anche in Libia.
(Paolo Vites)