Paolo Flores d’Arcais e Gino Strada a confronto sull’imminente attacco in Libia. Il primo, da una parte, si dice convinto della necessità, dell’intervento; il secondo, dall’altra, contrario a priori.
L’ipotesi – ormai un’eventualità imminente – di raid aerei in Libia, non viene percepita, all’interno dell’area progressista allo stesso modo. Due icone della sinistra italiana, infatti, la pensano in maniera opposta. Dalle pagine de Il Fatto quotidiano, Paolo Flores d`Arcais, in un articolo intitolato “Pacifismo di principio, prendere o lasciare? Io lascio”, si dice convinto della necessità di un tale intervento. «Sarebbe davvero assurdo che l`opinione pubblica democratica condannasse ora gli interventi aerei che alla popolazione martoriata suonano come disperata speranza», scrive, dicendosi contrario a quel “pacifismo di principio” dilagante che «si priva anche della possibilità di appoggiare la democrazia già esistente dove è minacciata o di sostenere una rivolta che provi ad instaurarla».
La sua posizione è chiara: «non ho mai creduto e non credo che la pace possa essere il valore supremo, anche a costo della libertà». Per questo, nel caso specifico, vale una considerazione: nel Paese, sottoposto ad una feroce dittatura, le forze che hanno preso parte alla rivolta consistono in una «fortissima componente giovanile, colta, laica, non ancora egemone rispetto alle influenze religiose o al potere organizzato dei militari, ma che per la prima volta consente di parlare di speranza democratica in senso proprio».
Ebbene, posto che quelle componenti si «sarebbe potuto cominciare ad aiutarle appena trovarono l`eroismo della rivolta», ora «un “vade retro” delle forze democratiche sarebbe campana a morto (e non metaforica) per gli ammutinati contro il Rais». In sostanza, ecco l’appello di Flores d’Arcais: «si impegnino i democratici europei a stringere rapporti con le forze laiche e riformatrici dell`Africa mediterranea, ponendo fine ad un colpevole e spocchioso disinteresse, perché alla caduta dei Mubarak, Ben Ali e Gheddafi non seguano altre dittature, a cui gli establishment d`Occidente non farebbero mancare i brindisi».
E di tutt’altro avviso il fondatore di Emregency, Gino Strada. Che, interpellato da Radio Capital, non indietreggia di un millimetro dalle sue posizioni: «Sono contro la guerra. Lo dico da lustri, sono contro la guerra, e continuo ad essere contro la guerra!». A chi gli chiede se sia anche contro l’ipotesi di bombardare per fermare gli attacchi di Gheddafi, ribadisce: «Mi sembra chiaro cosa voglia dire esser contro la guerra».
Neanche il fatto che si facciano morti tra i civili ad opera di Gheddafi, e che si debba fermare tutto questo, lo smuove: «E invece, chi lo fermerà, mirerà diritto a Gheddafi, No?», afferma sarcastico. Del resto, secondo Strada, «probabilmente anche nell’intento di Gheddafi non si vogliono colpire i civili. Ma non è questo il problema. Il problema è il ricorso allo strumento guerra. Io sono contrario alla guerra per tante ragioni, una della quali, non ultima, è che sono cittadino italiano e ho una costituzione che ripudia la guerra».