Sarà sicuramente la persona più giovane di tutti i tempi a entrare in un’aula di tribunale per testimoniare. Anzi, non ci entrerà ma sarà portato nel pancione della sua mamma. E’ un feto, di di nove settimane.
Il governatore dello Stato dell’Ohio, il repubblicano Lynn Watchmann, ha proposto una iniziativa legislativa destinata a scatenare le più dure polemiche tra abortisti e anti abortisti. Tema sempre caldissimo in America, nonostante uno dei paesi occidentali con la legislazione a favore dell’aborto di più lunga data. Ma gli Stati Uniti sono anche un paese con una fortissima identità cristiana, seppure divisa in diverse confessioni a volte in contrasto tra di loro.
La proposta del governatore è stata battezzata “Heartbeat Bill”, nome decisamente esplicativo del suo contenuto. Vuol dire Decreto legislativo “del battito di cuore”. Perché? Perché fa riferimento a un fatto ben preciso: se un feto ha il cuore funzionante, è in grado cioè di rilasciare i battiti del suo cuore, tale feto non potrà essere abortito. Ed essendo che tale fatto si verifica all’incirca dopo 18 giorni dalla sua concezione, automaticamente sarà vietato per le donne abortire dopo il 18esimo giorno.
“Ogni qualvolta il battito del cuore di un feto sarà identificato” ha detto il governatore alla stampa “quel bambino sarà protetto dall’aborto. Una cosa molto semplice. Dato che nel campo medico le tecnologie continuano a progredire, la protezione dei feti si avvicinerà sempre di più al momento stesso della concezione, cosa che per molti di noi è l’obiettivo finale nella difesa della vita”.
– Per dare ancora più forza a questo decreto legislativo, in vista della sua approvazione, un gruppo pro life di appartenenza cristiana (come d’altro canto lo sono tutti in America) ha deciso di portare in tribunale un feto, in modo che il battito del suo cuore possa essere fatto sentire a tutti e serva come testimonianza a favore del decreto legislativo del governatore Watchmann. Janet Porter, presidente del gruppo Faith2Action che ha organizzato l’iniziativa, l’ha così spiegata: “Per la prima volta in un’aula di tribunale, i legislatori stessi saranno in grado di vedere e sentire il battito del cuore di un bambino dentro alla pancia materna. Esattamente come i battiti di tutti quei cuori che l’Heartbeat Bill vuole proteggere”.
L’iniziativa è sostenuta da ben 50 sponsor diversi. Su un grande schermo verrà proiettata l’immagine dell’utero di una donna incinta e si potrà osservare il battito del cuoricino sotto forma di colori. Ovviamente si sono subito accese le polemiche.
Kellie Copeland del gruppo pro-choice (a favore dell’aborto) Naral, ha commentato: “Il comitato legislativo non vuole ascoltare nessuna donna che ha fatto la scelta di abortire. Coloro che hanno scritto questo decreto legislativo non vogliono ammettere che ogni decisione di una donna è diversa dalle altre. E’ dunque inaccettabile che i legislatori anti aborto facciano di una decisione privata che appartiene a ogni donna e ai suoi dottori, un fatto pubblico imposto a tutti”.
La posizione del presidente degli Stati Uniti Obama in materia aborto è sempre stata molto esplicita. Nel gennaio del 2009, appena eletto al suo incarico, rilasciò una dichiarazione che fece infuriare non poco i rappresentanti della chiesa cattolica. Propose infatti di sbloccare i finanziamenti pubblici alla ricerca sulle cellule staminali. Non solo: promise un decreto per difendere il diritto all’aborto con un ordine esecutivo che potesse permettere di destinare fondi federali alle Ong che propongono l’aborto all’estero come pratica di pianificazione familiare.
Un deciso colpo di spugna su quanto aveva invece portato avanti il suo predecessore George W. Bush, e il chiaro intento di, come avrebbe detto lui stesso, “proteggere il diritto di scelta della donna”. E’ una battaglia che probabilmente non si placherà mai, quella sull’aborto. L’Heartbeat Bill, ad esempio, non ancora approvato in Ohio, sta già facendo proseliti in altri Stati, come l’Oklahoma, intenzionata a varare un decreto simile.
Che la battaglia pro e contro l’aborto sia una battaglia lunga, forse eterna, lo dimostra la recente iniziativa messa in atto da un gruppo anti abortista, il Life Always. Nel cuore di New York, nel centralissimo e alla moda quartiere di Soho, nei pressi di una delle cliniche specializzate in aborti (la Planned Parenthood) sono appesi grandi cartelloni pubblicitari. Nella pubblicità, una bambina di colore ha lo sguardo preoccupato. Sopra, una scritta: “Il posto più pericoloso per un afro-americano è il grembo materno”.
In realtà le polemiche che sono scattate immediatamente non appena la pubblicità ha fatto la sua comparsa, erano più per il contenuto apparentemente razzista che per la dichiarazione contro l’aborto. Infatti in molti accusano la pubblicità di fare campagna puntando il dito solo contro un gruppo preciso di donne, le afro-americane con “l’obiettivo di farle sentire colpevoli”. Per l’associazione pro life si tratta invece di una campagna educativa (che presto sarà esportata anche in altre città americane) “per educare e responsabilizzare gli individui”. E’ un dato di fatto che negli Stati Uniti il tasso più alto di aborti si registri proprio tra le esponenti della comunità afro-americana.