Esce del fumo nero dal reattore 3. Nel frattempo, è stato ravvisato nell’acqua di Tokio un tasso di contaminazione radioattiva pericoloso per la salute dei bambini.
Nessuna buona notizia, finora, dal Giappone Mentre una scossa di assestamento di magnitudo 4.7 ha colpito il Paese, continuano incessantemente i tentativi di mettere in sicurezza la centrale atomica di Fukushima. Dal reattore numero 3 dell’impianto, si è levato oggi del fumo nero. La fuoriuscita è andata progressivamente diminuendo, ma gli operatori che lavoravano nella zona sono stati allontanati. Ignoti, al momento, i motivi dell’ennesima fuoriuscita. «Non sappiamo se la fumata proviene dall’edificio che ospita la turbina o dalla struttura di contenimento del reattore», ha dichiarato un portavoce.
Da parte di uno dei progettisti della centrale, giunge inaspettatamente una drammatica rivelazione: sarebbe stata costruita con un difetto di progettazione che l’uomo avrebbe contribuito a tenere segreto. Il reattore considerato dall’ingegnere una bomba ad orologeria, l’11 marzo, il giorno in cui si è verificato il terremoto di magnitudo 9 che ha provocato il devastante tsunami, era chiuso per manutenzione. L’esperto, tuttavia, si domanda cosa sarebbe potuto accadere se fosse stato in funzione.
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Nel frattempo, l’Agenzia atomica internazionale ha reso noto che i livelli di radioattività sono rimasti pressoché invariati. Cresce, in ogni caso, la preoccupazione per la sicurezza alimentare. E’ stato trovato, infatti, dallo iodio radioattivo nelle acque di Tokio, ad un livello considerato pericoloso per la salute dei bambini. In precedenza, sono stati riscontrati livelli di tossicità alti in 11 ortaggi nei pressi della centrale, che si trova a 240 chilometri dalla Capitale.
Cresce, infine, ancora il bilancio delle vittime: secondo i dati ufficiali forniti dalla polizia giapponese, sono 9.408 e 14.716 i dispersi. Le vittime della sola prefettura di Miyagi, la più colpita, tuttavia, sarebbero 15mila nella sua sola regione. Altissimi i costi anche in termii economici, che si attesterebbero su una cifra compresa tra i 190 e i 309 miliardi di dollari, con calo del Pil dello 0,5%