Standing ovation per il Papa in Israele. L’intera opinione pubblica ebraica ha accolto con entusiasmo l’ultima fatica di Joseph Ratzinger: il libro su Gesù di Nazareth, che uscirà il 10 marzo in tutte le librerie, scagiona definitivamente gli ebrei dall’accusa di deicidio.

I versetti incriminati riletti da Benedetto XVI appartengono al vangelo di Giovanni, l’unico che riferisce il colloquio tra Gesù e Pilato. Giovanni definisce i “Giudei” gli accusatori di Gesù, ma il pontefice sottolinea che questa espressione “non indica affatto il popolo d’Israele come tale, e ancor meno essa ha un carattere razzista”. Per Ratzinger, Giovanni (che era israelita ndr) punta il dito esclusivamente sull’aristocrazia del tempio, pur con alcune eccezioni date dal contesto di allora (si fa riferimento ai sostenitori di Barabba presenti in piazza).



Che il Papa fosse un uomo “coraggioso” lo aveva già detto due anni fa il rabbino Jacob Neusner, in occasione di un confronto personale. Ma oggi sono sempre di più le autorità ebraiche riconoscenti al vicario di Cristo per un passo che supera la buona volontà di dialogare. Il primo ministro Benjamin Netanyahu gli ha inviato un messaggio nel quale si congratula per “aver seccamente respinto nel libro l’accusa infondata sulla quale per secoli si è basato l’odio per gli ebrei”, e rinnova l’invito “a un incontro per poter esprimere il mio profondo e personale apprezzamento”.



Ronald Lauder, Presidente del World Jewish Congress, l’Organizzazione internazionale fondata a Ginevra nel 1936 che cura gli interessi e le necessità delle comunità ebraiche in oltre 80 paesi di tutto il mondo, ha elogiato Benedetto XVI: “Per molti secoli gli ebrei hanno patito brutali persecuzioni e l’antisemitismo perché i cristiani li avevano ritenuti collettivamente responsabili per l’uccisione di Gesù Cristo, nonostante lui stesso fosse ebreo e a crocifiggerlo furono i governatori romani. A duemila anni di distanza da quell’evento era giunto realmente il momento che il capo della Chiesa cattolica si esprimesse in maniera chiara sulla questione. Questo gesto è un segnale importante contro l’antisemitismo nella Chiesa”.



C’è da dire, a onor del vero, che la Chiesa aveva già ripudiato l’idea di colpevolezza collettiva degli ebrei nella Nostra Aetate, il documento più importante del Concilio Vaticano Secondo, scritto nel 1965. Che non parla mai, per giunta, di antisemitismo cristiano, ma di antigiudaismo. La differenza tra i due è sostanziale: il primo ha una connotazione esclusivamente razziale, mentre l’antigiudaismo contiene risvolti esclusivamente teologici e religiosi (nel documento stesso c’è una violenta condanna dell’antisemitismo e delle violenze a sfondo razzista).

 

Nonostante tutto, l’esposizione in prima persona del Papa, di questo Papa, incrementa il suo peso nel dialogo con gli ebrei che per Lauder “ripongono un grande valore nell’assoluta serietà di Benedetto XVI nel portare avanti le buone relazioni tra cristiani ed ebrei senza limitarsi a una adesione puramente formale a questo impegno”.

 

Nel coro di voci di ringraziamento per il Papa, si leva anche quella di Elan Steinberg, vice presidente dell’associazione americana dei sopravvissuti dell’olocausto. Steinberg ha parlato di un importante passo in più dopo secoli di antisemitismo perpetrato dalla Chiesa Cattolica. Ma non risparmia nuove accuse a Pio XII, colpevole di aver taciuto di fronte all’olocausto. E ricorda, con un velo di malizia, che l’attuale pontefice ne aveva riconosciuto le virtù eroiche nel 2009. Se la leggenda dell’antisemitismo sembra ormai superata, quella che circonda papa Pacelli non conosce ancora la parola fine: ma d’altronde, Einstein insegna, “è più facile spezzare un atomo che il pregiudizio”.

(Andrea Avveduto)

 

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