Il popolo della Siria è tornato in piazza per sfidare il regime della dinastia Assad, al potere da 50 anni, all’indomani della formazione di un nuovo governo e della liberazione di centinaia di prigionieri arresati all’inizio delle proteste.

Sono almeno 50mila i manifestanti che si sono riversati nelle strade di Damasco per confluire verso il centro. Le forze dell’ordine hanno reagito con violenza, caricando la folla e sparando lacrimogeni. Intanto, la gente in piazza urlava slogan come «Il popolo vuole abbattere il regime», mentre in molti strappavano i manifesti di Assad.



Migliaia di persone hanno manifestato anche nei pressi della principale moschea di Deir az Zor, e a Homs, 180 chilometri a nord di Damasco. Cortei anche a Qamishli, a maggioranza curda, a Daraa, dove lo slogan era: “Meglio la morte che l’umiliazione”.

Nel frattempo, nella sola Daraa, le organizzazioni umanitarie hanno contato centinaia di morti, mentre Human Rights Watch (HRW) accusa i servizi di sicurezza di torture nei confronti di numerosi manifestanti. 19 persone arrestate dal servizio segreto Mukhabarat a Damasco, Daraa, Duma, Al-Tal, Homs e Banias, hanno testimoniato di aver subito sevizie. 



L’organizzazione ha rivelato di aver visionato un video in cui i detenuti «portano segni di torture sul corpo… Tutti i detenuti arrestati durante le manifestazioni, a eccezione di due, hanno riferito ad Human Rights Watch che ufficiali del Mukhabarat li hanno picchiati durante l’arresto e la detenzione, e che hanno visto decine di di altri detenuti picchiati o hanno sentito grida di persone che venivano picchiate». In particolare, alcuni hanno denunciato di esser stati torturati «con apparecchi da elettrochoc, cavi e fruste».

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