Ancora disordini e morti in Siria. Sono circa una ventina le vittime causate, questa mattina, dall’irruzione delle forze di sicurezza a Deraa con i mezzi corrazzati.

«Stanno sparando.  Testimoni mi hanno detto che ci sono stati cinque morti finora, e le case sono diventate ospedali», ha raccontato all’emittente Al Jazeera un residente, Mohsen, al telefono. Anche l’emittente Al Arabiya ha riferito di spari e morti in città, senza, tuttavia, precisarne l’entità. Ci sarebbero cadaveri in strada, vicino alla moschea Omari, mentre i militari sarebbero entrati in città con otto carri armati e due veicoli corrazzati. Pare che al loro arrivo, dei cecchini situati sui tetti dei palazzi governativi e membri delle forze di sicurezza in assetto antisommossa abbiano iniziato a sparare sulla folla a casaccio.



«La gente – ha dichiarato un altro testimone – sta cercando rifugio nelle case. Ho potuto vedere due corpi vicino alla moschea e nessuno era in grado di andare lì e portarli via». 20 morti, invece, è il numero che è stato denunciato dagli attivisti per i diritti umani. Le vittime della repressione delle manifestazioni in Siria, sono più di 300 da metà marzo, 112 delle quali sono state uccise nella sola giornata di venerdì.



Intanto, la Siria ha chiuso le frontiere con la Giordania, che ritiene connivente con i manifestanti. A quanto hanno riferito fonti diplomatiche, sarebbero stati chiusi i valichi di Deraa e Nassib. Nel frattempo si sono levati in volo, in direzione Deraa, elicotteri dell’aviazione militare siriana, dall’aeroporto di Mezze, a Damasco

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