In Egitto prende il via il primo atto ufficiale contro un membro del regime di Hosni Mubarak, dimessosi l’11 febbraio 2011 dopo trent’anni al potere. Si tratta del processo contro l’ex ministro dell’Interno egiziano, Habib al-Adly. Su di lui gravano pesantissime accuse: sarebbe, infatti, il responsabile della repressione delle manifestazioni anti Rais nel sangue, l’uomo che ha ordinato di sparare contro la folla e di scatenare le violenze contro i manifestanti. Nel corso delle sollevazioni popolari, quando la popolazione egiziana chiese riforme costituzionali e maggiori libertà, negli scontri con le forze di sicurezza morirono 846 persone, migliaia rimasero ferite. Adly è comparso di fronte alla Corte d’assise del Cairo, circondata da un imponente spiegamento di mezzi blindati della polizia e di carri armati dell’esercito. Ad aspettarlo all’entrata del tribunale, c’erano una 50ina di persone, tra cui alcuni familiari delle vittime della rivolta, che invocavano per lui la pena capitale. L’udienza ha avuto inizio ma è stata aggiornata poco dopo al 21 maggio, su richiesta della difesa. Nel frattempo, si apprende che l’ex presidente egiziano non sarà trasferito in carcere. Le sue condizioni di salute lo renderebbero impossibile. Mubarak è affetto da problemi cardiaci e dal 12 aprile scorso è ricoverato nell’ospedale di Sharm-el-Sheikh. Per sopravvivere necessita di una terapia continua, e di cure e tecnologie disponibili solo in determinati ospedali attrezzati. E’ stato il Ministero degli Interni egiziano a informare la Procura generale del Cairo, che ne aveva chiesto la reclusione o, in alternativa, il ricovero in un’infermeria carceraria. Sul capo dell’ex rais pendono le accuse di responsabilità nelle repressioni, di corruzione, concussione e violenza di stato. Durante un interrogatorio si era sentito male. A quanto aveva riferito il presidente della Corte d’appello del Cairo, Zakaria Shalash, se condannato rischierebbe la pena capitale per impiccagione. E proprio la testimonianza di Adly lo inchioderebbe. L’ex ministro ha, infatti, confessato di aver ricevuto degli ordini precisi da Mubarak. «Se ciò sarà provato – ha detto Shalash- Mubarak sarà condannato alla stessa pena di coloro che materialmente hanno compiuto il reato ed essa potrebbe consistere nell’esecuzione».
Intanto, non è escluso che il nuovo Egitto possa rivelarsi ancor meno tollerante e moderato di quello vecchio. E’ notizia recente che, a quanto sosterebbe la maggioranza della popolazione, stando a un sondaggio condotto dal Pew Research Center, (centro di ricerca con sede negli Stati Uniti), il trattato di pace con Israele va rettificato. Lo pensa il 54 per cento degli egiziani. il riferimento è al documento del 1979 che prevedeva il ritiro dell’esercito israeliano dalla Penisola del Sinai che aveva occupato nel 1967. Solo il 15% degli intervistati sarebbe a favore di strette relazioni, inoltre, tra Egitto e Stati Uniti.