La fase di stallo che sta interessando la guerra libica è stata scossa dall’annuncio del vice ministro degli Esteri libico Khaled Kaim riguardo allo stop delle operazioni militari lealiste a Misurata. Kaim ha aggiunto che il dialogo con i rivoltosi verrà portato avanti dai leader tribali locali; se nelle prossime ore non si arriverà ad un compromesso, saranno le stesse tribù a riprendere la lotta armata contro le truppe del neonato governo di Bengasi.
Mentre a Misurata, terza città libica, i ribelli più giovani hanno cominciato ad inneggiare alla liberazione della città, a Bengasi la cautela rimane d’obbligo. Improbabile affermare che Gheddafi voglia disfarsi di Misurata ritirando le proprie truppe, aprendo la strada ai rivoltosi verso Tripoli e rinunciando definitivamente al suo strategico porto commerciale. Le parole usate dal Ministro Kaim, tuttavia, sono state subito interpretate in modo estensivo da alcuni media: i lealisti non si sono ritirati da Misurata, bensì hanno semplicemente annunciato la volontà di sospendere le manovre offensive. Ciononostante la scorsa notte è ripreso il lancio di missili Grad verso la città e i combattimenti sono continuati. I rivoltosi nutrono ancora forti sospetti sulla buonafede del Colonnello dopo i diversi cessate-il-fuoco annunciati e disattesi dal leader libico.
La principale incognita rimane il ruolo delle tribù locali, nelle cui mani resta buona parte del futuro della guerra in Libia. Isolate da settimane dai rifornimenti provenienti dal porto di Misurata a causa dei combattimenti in corso, le tribù intendono convincere i ribelli a deporre le armi arrivando ad un’intesa. Il principale clan della Libia orientale è proprio il clan “Misurata” (dal nome della provincia in cui è insediato). Dalla Cirenaica a Misurata le tribù locali risultano frammentate da decenni tra i più tradizionalisti e coloro che vivono nei maggiori centri urbani. Ne deriva che la difficoltà maggiore che i ribelli si troveranno ad affrontare nella mediazione con le tribù lealiste saranno date soprattutto dalla frammentazione di queste ultime. Le principali delle quali sono la Kargala, la Tawajeer e la Ramla. A queste si aggiungono il clan el-Mahjoub, la famiglia Zamoura, la tribù Kawafi, la tribù Dababisa, la Zawaiya, la al-Sawalih e la al-Jarsha. Queste e altre tribù sono inoltre ramificate in decine di sotto-tribù, ciascuna con leader differenti. Nelle prossime ore occorrerà dunque verificare le loro posizioni: porteranno avanti posizioni unitarie o si realizzerà una spaccatura interna tra lealisti e filo-rivoltosi? Un funzionario del governo di Bengasi ha affermato che, in caso di fallimento del dialogo con i ribelli, le tribù lealiste potranno riprendere i combattimenti a Misurata raccogliendo circa 60.000 uomini pronti a riconquistare nel sangue il porto della città.



Mentre le prossime ore potrebbero essere decisive per il futuro di Misurata, sul fronte negoziale, che vede coinvolti svariati attori internazionali, i tentativi di dialogo continuano sottotraccia. Il ministro degli Esteri libico, Abdelati Obeidi, compirà a breve un viaggio verso Addis Abeba per riprendere il dialogo con l’Unione Africana. In agenda risultano nuove proposte diplomatiche che, tuttavia, appaiono al momento oscure nei dettagli e di dubbia riuscita. Gli ultimi tentativi, d’altra parte, sono falliti proprio a causa della radicalizzazione delle posizioni da parte delle parti interessate. La Nato e i ribelli restano categoricamente contrarie a qualsiasi proposta che non contempli l’abbandono del potere da parte di Gheddafi. Nel frattempo, il leader libico continua a mantenere aperti i canali diplomatici con Turchia, Grecia, America Latina e Russia. Negli ultimi giorni anche il Marocco, uno dei Paesi rimasti (parzialmente) immuni dalle rivolte, si è detto disposto a mediare tra la Nato e i ribelli da una parte e i Gheddafi dall’altra. L’impressione è che difficilmente si potrà arrivare in breve tempo ad una soluzione diplomatica a meno di sorprese. Così come appare complessa l’opera di mediazione tra le tribù lealiste e i ribelli presso Misurata.
Intanto i bombardamenti Nato continuano: la scorsa notte i raid alleati hanno colpito il quartier generale del Colonnello a Tripoli. Il complesso di Bab al-Aziziyah è stato danneggiato causando, secondo fonti libiche, 45 feriti e molti dispersi. Il recente via libera degli Stati Uniti per l’utilizzo dei propri droni, capaci di colpire con estrema precisione obiettivi al suolo, darà senza dubbio nuovo impulso ai bombardamenti alleati concentrandosi proprio su Misurata e Tripoli. Inoltre, dopo il Qatar anche il Kuwait ha deciso di intervenire concretamente al fianco del Governo di Bengasi, offrendo circa 177 milioni di dollari per sostenerli. Bengasi in questo modo continua a costruire una rete di supporto internazionale per riuscire a guadagnare aiuti concreti che sostengano l’esercito dei ribelli sul terreno di battaglia. La strada della mediazione, d’altra parte, appare ancora lunga e complessa. 



Luca Gambardella, analista di Equilibri.net

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